Da che mondo è mondo l’essere umano rivendica il diritto di esprimere il proprio pensiero, liberamente e in modo indipendente – concetti riaffermati dal Presidente Mattarella nell’ultimo incontro pubblico. Giuridicamente va ricordato che il comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione prescrive, categoricamente, che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” e che mai un’affermazione negativa (passatemi l’ossimoro …) fu tanto chiara e assolutamente esaustiva, incontestabile nel sancire un principio libertario, fortemente voluto dai nostri Padri costituenti. Esso parte da lontano, dalla Rivoluzione francese e dall’illuminismo, dalla rivoluzione industriale dell’800 e dal superamento delle restrizioni adoperate dal regime fascista, con una serie infinita di eroi e filosofi che hanno dedicato ad essa il loro meglio.

Diciamo anche che. Oggidì, la libertà di pensiero si manifesta in questo scorcio di millennio, diuturnamente ed in ogni istante attraverso i vari social sui quali ci si scatena in modo spesso sregolato e comunque incontrollato quali individui selvaggi, adirati con il mondo, offensivi dell’altrui persona in quanto – mi sovviene un eufemismo – non conoscono a menadito il galateo. E nel contempo la libertà di comunicare sui social è alquanto travisata dai politici italiani e dal “generone” che li attornia solitamente per interesse economico o di “parrocchia” o perché – come diceva Alberto Sordi – “non c’hanno un c…zo da fa”. Si pensi ai numerosi “casi” Giambruno, Lollobrigida o la “coppia-scoppiata” Sangiuliano/Boccia, che purtroppo navigano a livello globale e ci rendono risibili in campo planetario.

S’imporrebbe, quindi, in una nazione seria che si autotutela ad hoc l’adozione di un Codice di regolamentazione che delimiti e riesca a moralizzare siffatto uso eccessivo o smodato o superficiale, talvolta familistico, ovvero vittimistico di questo, potente mezzo che noi tutti possediamo e utilizziamo gratuitamente, grazie ad Internet. Detta regolamentazione normativa dovrebbe tener in primaria considerazione il fatto oggettivo che una persona investita d’autorità pubblica deve conoscere in primis le basi della comunicazione istituzionale e poi i canoni cui attenersi onde evitare conseguenze nefaste, direttamente o indirettamente, alla Repubblica Italiana oltre alla propria dignità e onorabilità (sic!).

Altro discorso è quello che riguarda il diritto a manifestare in pubblica piazza, il quale dev’essere comunicato” preventivamente, come ci ricordava G. Zagrebelski su La stampa, ed anche autorizzato dalla competente Questura, allorché gli organismi informativi delle forze armate ne ravvisino fattori di rischio per la pubblica incolumità. Appare di facile evidenza la difficoltà per un Governo di destra essere in grado di contemperare ed equilibrare, sotto il profilo tecnico-gestionale, gli opposti interessi alla libertà personale e collettiva – come per la pace in Palestina – e le ragioni di Stato che il titolare del Viminale deve assicurare preventivamente, piuttosto che regressivamente al fine di impedire tafferugli, sommovimenti e manifestazioni varie di violenza che non debbono avere cittadinanza in un Paese civile.

Michele Marino

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