Dunque, Dante Alighieri uomo di destra? E la Divina Commedia capolavoro letterario di destra? Secondo l’attuale Ministro della Cultura, come è noto, e anche dopo i suoi chiarimenti con una lettera al “Corriere della Sera”, non ci sono dubbi. Se così stanno le cose, penso che sia utile non abbandonare la discussione emersa dopo la sua bizzarra tesi. E questo per un motivo molto semplice. Non si tratta di affrontare un tema culturalmente balordo e insensato, come hanno chiarito studiosi, editorialisti e commentatori, bensì di esaminare con rigore gli effetti ideologici che ha avuto una sparata del genere sulla vasta opinione pubblica italiana. Oggi distratta, assente dalle urne e quant’altro, ma disponibile a inghiottire tutto grazie all’eco mediatica di questo Dante che ha preso la tessera e si è iscritto a FdI in una sezione di Firenze. Il messaggio apparentemente innocuo, fatto circolare e valutato come una insulsa polemica che interessa solo gli intellettuali e i letterati italiani, è a ben vedere innocuo solo apparentemente. È infatti servito a diffondere forti simboli e storici miti. Dimostrando una precisa scelta di campo, sul piano politico, tesa a fare Ri-nascere o a rinforzare un nazionalismo italiano sovranista, conservatore e patriottico, la cui ideologia di fondo è stata sperimentata in Italia sotto un regime e una dittatura, per venti lunghi anni del secolo passato. E, come si sa, i simboli e i miti nella società emotiva della comunicazione, delle immagini, dellapolitica spettacolo, delle fakes news, ecc…contano molto.
Un simbolo e un mito, quello di Dante di destra, che se vogliamo è anche un simbolo antieuropeista, e che in questi “cambiamenti epocali” – come Papa Bergoglio chiama le trasformazioni in atto – si riveste larvatamente di un’aura di Stato autoritario e centralista, precisamente sotto forma di quel Presidenzialismo che nell’agenda di Giorgia Meloni occupa grande rilievo. Non deve apparire fuorviante ma, a proposito di simboli e miti, sembra che Putin abbia fatto collocare nel suo studio il ritratto dello Zar Pietro il Grande e quello della Regina Caterina II di Russia. Entrambi, come narrano gli storici, icone del potente imperialismo della Russia dispotica, oggi rimpianto…tragicamente dal novello Zar che abita il Cremlino.
Su Dante Alighieri e sul suo essere di destra se ne è dunque parlato e scritto molto, anche su questo blog, con diversi interventi interessanti, a partire dagli stimoli originali espressi da Martinazzoli nel corso di un dibattito in una scuola di Brescia. Ma le scelte culturali e ideologiche di Sangiuliano, i suoi “…modi di pensare e sentire”, e le sue “…insondabili pulsioni”, mi hanno anche ricordato una sua costante voglia di presenzialismo ed esibizionismo, persino incontrollata. Subito dopo il suo arrivo in RAI, voluto dalla coppia Meloni-Salvini come direttore del Tg2, è stato richiamato dai Vertici aziendali per aver partecipato a una Convention di Fratelli d’Italia non come moderatore di dibattito, ma come battitore libero e uomo di partito. Sin d’allora ho pensato che la riservatezza defilata e silenziosa, la modestia, sono virtù che il nuovo Ministro della cultura non ha mai conosciuto. Anche nelle vesti di direttore di Tg, Sangiuliano non faceva altro che esibirsi e comparire, usurpando spazio ai giornalisti della testata e sfoggiare la presenza in quasi tutti i dibattiti negli studi televisivi del “suo” telegiornale. Non mancava mai: sempre lì, seduto accanto ai…suoi dipendenti, conduttrici o conduttori delle interviste. C’è sempre stato, insomma, dietro ai suoi comportamenti, il bisogno di apparire e di ostentare un presenzialismo che possiamo osservare anche nel suo nuovo ruolo di Ministro, e che, se dobbiamo essere onesti. faceva a pugni con il buon curriculum di studioso che aveva alle spalle saggi e riflessioni su personaggi storici e attente ricerche sulle comunicazione di massa.
Proprio per tutto questo mi sono incuriosito della sua lettera di precisazioni al “Corriere della Sera”, attraverso la quale ricorrendo e aggrappandosi, tanto per cambiare, a decine di citazioni, ha tentato di addolcire la sua boutade, di rimuovere la sua formazione nel Msi e di trascurare la sua appartenenza alla cultura della destra tradizionalista e patriottica, chiarendo che la sbalorditiva uscita su Dante “fascista” è stata solo una voluta “provocazione”. D’accordo, ma arrivati a questo punto è lecito chiedersi: è possibile, e in che senso, collegare Sangiuliano a Umberto Eco? Ecco, sono andato a riprendere e a consultare il libriccino su “Fascismo Eterno”, frutto di una conferenza tenuta proprio da Eco alla Columbia University nell’aprile del 1995. Ebbene, mentre in quella sede, con coraggio intellettuale e molto spirito democratico, egli affermava che “…sarebbe difficile” vedere di nuovo ritornare governi totalitari e fascisti “…nella stessa forma ma in circostanze storiche diverse”; nel medesimo tempo precisava di non credere al fatto che Alleanza Nazionale dei suoi tempi – ex Msi e futura Fratelli d’Italia – fosse un partito fascista, perché “…certamente (è) un partito di destra…che ha però poco a che fare col vecchio fascismo storico”. Dunque, una volta liquidato il pericolo di un ritorno del fascismo storico, Eco chiariva bene il significato attribuito alla destra moderna non fascista, spesso assimilata ancora oggi, assieme a sinistra comunista e centro cattolico moderato, a categorie superate, senza dubbio da ridefinire totalmente.
In sostanza, accantonate le paure, Eco metteva bene in guardia e sollecitava attenzioni ai “…modi di pensare e di sentire…a una serie di abitudini culturali, istinti oscuri e insondabili pulsioni…”che nascondevano atteggiamenti fascisti e autoritari, antidemocratici e pericolosi, spesso presenti ancora ai nostri giorni, se ci facciamo caso, nel dibattito pubblico, nelle posture e nel linguaggio della attuale nostra classe politica. Qualche commentatore li ha definiti “caratteristiche utili per disegnare l’identikit del fascismo eterno”. Di quel fascismo cioè che sotto forma di pulsioni e atteggiamenti non muore mai. E li ha elencati mettendo al primo posto il culto della tradizione – di cui Dante è per noi italiani l’esempio laico piu evidente. Seguito dal rifiuto del dubbio e della critica; dal gusto di difendere la nazione e la razza; e dal grave “errore di dissentire dall’unico Capo forte”. Sangiuliano scrive a tale proposito che Dante Alighieri crede “…che lo Stato abbia un fondamento razionale e naturale, basato su legami gerarchici in grado di dare stabilità e ordine”; e conseguentemente a una patria legata al solitario leader per grazia calvinista ricevuta, in stretto rapporto col suo popolo, quest’ultimo inteso come unità solida e compatta, senza nessun pluralismo culturale, religioso e sociale. Ora, con tutti i distinguo e le scuse del paragone, mi aspetto solo che qualcuno dopo aver letto le “Beatitudini” trascritte nel Vangelo di Matteo, sostenga che esse sono le radici del marxismo, del comunismo e della sinistra politica. O persino che la triade rivoluzionaria francese “Liberté, Egalité, Fraternité”, sia d’origine cristiana.
Tutto è possibile! Ma occorre sempre dimostrarlo.
Nino Labate
Pubblicato su Il Domani d’Italia (CLICCA QUI)