Sulle droghe, pesanti o leggere che siano – ammesso che questa distinzione abbia davvero senso – ha ragione Giorgia Meloni: vanno combattute, senza quartiere. Legalizzare la cannabis, al contrario, vorrebbe dire assecondarle, concedendo loro una pericolosa patente di legittimità e di sostanziale accettazione sociale del fenomeno, al di là di quali siano gli stupefacenti in gioco.

Il fatto che una certa sinistra sostenga questa tesi è preoccupante, al di là del caso in oggetto e dà conto di quale involuzione stia soffrendo, del tutto contraddittoria rispetto alla rappresentanza degli interessi “popolari” che dovrebbe essere la sua nota distintiva. Il che segnala come almeno una certa sinistra abbia una concezione sbagliata di cosa sia davvero la libertà. Se viene confusa o assimilata alla soddisfazione, più o meno impulsiva del desiderio, a comportamenti mimetici, a conformismo nei confronti di atteggiamenti che fanno “tendenza”, alla sperimentazione di stati d’animo che hanno in comune il distacco dalla realtà alla ricerca narcisistica di onirici paradisi artificiali, la libertà viene declinata secondo quella postura intrisa di autodeterminazione e, dunque, di autoreferenzialità che la contraddice ed in sé la nega alla radice. E, aldilà di +Europa e Verdi, l’altra sinistra, a cominciare dal PD, come la pensa ? Né si comprende quale sia il senso di questa strategia alla Tafazzi che regala praterie di consenso alla destra, in ordine a temi che almeno la cultura “personalista” dei cattolici che militano a sinistra dovrebbe apertamente contrastare.

In quanto alla destra c’è da augurarsi che non pensi , come pare si possa evincere da un certo linguaggio della stessa Meloni, che la lotta alle tossicodipendenze sia una questione di rigore o di ordine pubblico, di contrasto “militante” ai costumi di una società lassista che spetta alla destra rigenerare moralmente. Non è così. Non c’è nessun “uomo nuovo” fa forgiare nelle fornaci nazional-sovraniste. C’è, piuttosto, da comprendere la sofferenza e la fatica ad essere uomini del nostro tempo. La questione delle tossicodipendenze ha a che vedere con la struttura personologica dei giovani o dei cosiddetti “giovani-adulti”, cioè adulti che difficilmente si affrancano da tratti adolescenziali, non in ambienti di degrado sociale, ma al contrario in contesti abbienti e di tutt’altro genere in cui la droga diventa una sorta di “status symbol”, nel segno di una trasgressività libertaria.

In altri termini, la droga ci sfida sul piano dell’ educazione alla consapevolezza di sé, della responsabilità e della libertà, intesa come dimensione interiore; libertà, anzitutto, da sé stessi. In ultima istanza, infatti, la sua radice, le sue radici “rizomatiche”, cioè articolare, differenti e diffuse che si intrecciano e si nutrono l’un l’altra, si raccolgono e si riassumono in questo fraintendimento della libertà di cui soffre la nostra società complessivamente intesa, a tal punto da scaricarne l’onere sugli anelli più deboli e più esposti della catena sociale.

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