Alla vigilia dell’incontro tra Biden e Xi Jinping che avrà luogo a San Francisco, domani 15 Novembre, in occasione del cosiddetto Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) summit, ancora nessuno sa davvero se questo produrrà risultati che possano essere considerati significativi sulla attualissima questione dell’Intelligenza Artificiale – cioè è sulla questione cruciale del nostro tempo.
Al momento, quello che sembra praticamente certo è che i Presidenti delle due massime potenze mondiali annunceranno la rinuncia a dotare di capacità di Intelligenza Artificiale le cosiddette “armi autonome”, cioè i droni, nonché i sistemi di dispiegamento e di controllo delle armi nucleari. E del resto, già a Febbraio 2023 Washington ha emesso una Political Declaration on the Responsible Military Use of Artificial Intelligence and Autonomy, una sorta di appello per un accordo globale sui limiti allo sviluppo delle potenzialità militari della AI. Un atto con cui, di fatto, gli Stati più potenti del pianeta tendono ancora una volta a disciplinare se stessi e la loro hubris di potenza militare e politica.
Anche se i risultati del summit di San Francisco si limitassero a questo, si tratterebbe, in ogni caso, di risultati piuttosto diversi da quelli auspicati dai paesi industrializzati, Cina compresa, che il 1 e il 2 Novembre scorsi sono stati invitati dal Premier britannico Rishi Sunak a discutere su come difendersi dalla molteplicità di minacce, che i loro governi sembrano convinti provenga da questo nuovo straordinario sviluppo scientifico-tecnico. E’ vero che l’incontro era esplicitamente intitolato alla “security”, e che esso è avvenuto – in maniera che si è voluta carica di significati e di riferimenti alla guerra – a Blethcley Park, nelle stesse stanze in cui Alan Turing lavorò, più di ottanta anni fa, alla creazione della macchina Enigma, grazie alla quale egli diede un contributo fondamentale alla sconfitta dei Nazisti, e alla nascita del mondo contemporaneo. Ma è vero anche che alla fine si è parlato di molti altri aspetti dell’A.I. – aspetti sociali ed economici – il cui sviluppo e la cui gestione spettano naturalmente più alla Società che allo Stato. E a cui quest’ultimo – se vuole ancora mantenere carattere liberal-democratico – non può togliere il ruolo ed il diritto di trarre profitto dal progresso scientifico per innovare nel campo di prodizione della ricchezza, oppure per eliminare prassi o superfetazioni parassitare che la distruggono.
Se le grandi potenze di oggi intendono – o meno – avviarsi su una strada diversa da quella dei tragici anni ‘40, lo sapremo, dunque, abbastanza presto. E potremo allora valutare se davvero l’allarme e l’urgenza in ragione dei quali la riunione di Blethcley Park è parsa necessaria trovi giustificazione nei fatti. O se la Società civile potrà ancora dedicarsi a quell’attività di “distruzione creatrice”
Ma sapremo anche – e ciò non è di minore importanza – se nella discussione tra i due Stati più potenti della Terra sia stato tenuto in considerazione anche l’altro aspetto della “questione A.I.”: non solo quello di evitare le possibili catastrofi, ma anche quello di garantire alle Società in cui si raggruppano e si dividono gli esseri umani i benefici che l’Intelligenza Artificiale chiaramente promette. Benefici che saranno ottenuti e goduti un giorno dopo l’altro, e che non saranno quasi mai così tragicamente grandiosi come sarebbero i danni temuti – addirittura una totale Gotterdamerung e la conseguente distruzione del genere umano. E che saranno invece più modesti (ma saranno tangibili), e piuttosto antiretorici (ma piacevoli) .
La AI e l’immigrazione
A questo proposito, va infatti innanzi tutto chiarito quanto sia realistica la tesi secondo la quale il progresso nel campo dell’A.I. è destinato a potenziare la produttività del lavoro umano, e non soltanto a sostituirlo, distruggendo occupazione. E ci si potrà infatti chiedere se la presenza al massimo livello del nostro paese all’insolito “vertice anti-scientifico” convocato da Rishi Sunak, e il suo sottolineare i pericoli dell’Intelligenza Artificiale, non siano un po’ in contraddizione con le ragioni che hanno spinto la maggioranza degli italiani a portare al potere l’attuale governo, che si dichiara contrario all’immigrazione incontrollata.
L’Italia è infatti, assieme alle due Cine – quella di Taiwan come quella di Pechino – ed alla Corea del Sud, uno dei quattro paesi al mondo in cui l’andamento demografico fa sì che la popolazione autoctona diminuisca più rapidamente che dovunque altrove. E che quindi, se la logica politica che ha portato l’Italia ad avere questo governo ha un senso, l’Italia avrebbe, più interesse, per supplire ai danni prodotti dal gelido “inverno demografico” di cui soffre da quasi trent’anni, a favorire – evitando di guardare con sospetto o addirittura di ostacolare le infinite applicazioni possibili dell’Intelligenza Artificiale – una migliore formazione tecnica della propria forza lavoro e una maggiore sofisticazione scientifica delle attività produttive, anziché ricorrere all’immigrazione.
In realtà, tuttavia, l’immigrazione è un fenomeno inevitabile. Si tratta di un ovvio riequilibrio tra paesi in cui i progressi della medicina ed ancor più delle comunicazioni, hanno provocato una caduta della mortalità ed un allungamento della durata della vita, mentre una analoga caduta della natalità si verificherà solo tra almeno 40 anni. E quindi un dato non alterabile, un fatto di cui va soltanto preso atto, che progressi della scienza della tecnologia, tra cui soprattutto l’Intelligenza Artificiale, dovranno essere utilizzati per migliorare la produttività globale del pianeta, e le capacità di accoglienza da parte dei paesi in cui la popolazione autoctona si trova da anni una fase di declino.
E ciò è tanto più vero in quanto, contrariamente all’idea corrente, non si possono limitare i problemi occupazionali creati dall’intelligenza Artificiale solo ai lavori più ripetitivi, quindi agli strati più bassi della struttura sociale, che l’immigrazione va, almeno in una prima generazione, ad incrementare.
Le conseguenze sociali della A.I.
Gli aspetti sociali dei recenti sviluppi della A.I. non possono essere infatti assimilati – né quantitativamente né (e ancor) qualitativamente, a quelli determinati dall’automazione nei decenni passati. L’Intelligenza Artificiale rompe, infatti, questa stereotipata analogia soprattutto con lo sviluppo dei cosiddetti LLM (Large Language Models) – tra i quali spicca il popolarissimo il GPT, che sta dietro il celeberrimo servizio ChatGPT”.
Con l’avvento degli LLM, infatti, la macchina creata dall’uomo acquisisce capacità “generative. Si tratta di modelli detti di deep-learning che non solo usano il linguaggio degli esseri umani, ma dispongono di meccanismo di self-attention che consente loro, grazie ad un modello probabilistico, di stabilire e classificare le relazioni tra parole differenti. E quindi non solo di reagire ad uno stimolo inviato loro nel linguaggio degli umani, ma di rispondere ad essi sulla questione da questi sollevata nel linguaggio dei loro interlocutori, e senza “andare fuori tema”. Essi infatti trasmettono contenuti tratti dall’analisi di informazioni e materiali generati dagli uomini, ma esaminate, comparate e “studiate” in quantità così enormi che nessun essere umano potrebbe mai gestire.
Una delle utilizzazioni della AI generative è quindi ovviamente quella nei cosiddetti digital assistant systems. Durante una lezione all’università questo assistente potrebbe, per esempio, prendere appunti e produrre una specie di manuale Bignami, togliendo così all’allievo una delle principali cause di distrazione: quella di scribacchiare note su ciò che il professore ha appena detto, perdendo però ciò che il professore dice andando avanti con la spiegazione.
Quello del digital assistant è un esempio di uso positivo dell’intelligenza artificiale che si contrappone specularmente al pericolo che è stato immediatamente denunciato da molte istituzioni universitarie, principalmente statunitensi, o di modello americano. I cui gestori, allarmati all’idea che la A.I. generativa potesse essere utilizzata degli studenti per farsi preparare tesine o altri compiti scritti, hanno richiesto il ritorno all’esame puramente orale. Che dal punto di vista didattico rappresenta però un vero vantaggio in quanto consente all’esaminatore di farsi idea dell’esaminato come persona, e non solo come specialista del copia-incolla. Come accade, grazie ad Internet, già ora.
Moderare le risse di azionisti e condomini
Analogamente, in una Assemblea di azionisti, e ancor più in un’Assemblea di Condominio– cioè in una delle situazioni in cui si producono le risse più feroci e gli odii che durano più a lungo – un digital assistant può essere estremamente utile
Purché l’Assemblea non sia tenuta solo in presenza, ma con zoom, o altro servizio analogo, un programma che fa ricorso alla A.I. può facilmente prendersi cura della redazione di un accurato e fedele verbale, così come già fa il servizio TEAMS di Microsoft, ed enucleare i temi principali emersi nella discussione. L’Intelligenza generativa può quindi formulare le questioni da sottoporre poi al voto assembleare. E può anche avere un ruolo “calmieratore” identificando le occasioni in cui – come capita – qualche partecipante all’Assemblea poco esperto in materia di diritto e particolarmente rozzo nei rapporti sociali, violi il Codice Penale, o anche si avvicini pericolosamente a comportamenti che potrebbero avere conseguenze giudiziarie.
Il sistema può tuttavia andare anche oltre, perché l’Intelligenza Artificiale generativa è perfettamente in grado di “leggere” anche immagini come foto o planimetrie. La “macchina” può quindi prendere conoscenza in maniera precisa di un guasto o malfunzionamento, identificare le soluzioni esatte, formulare una o più proposte di intervento, e proporle ai condomini per approvazione. E ciò, in un linguaggio comprensibile a tutti. Può cioè realizzare sostanziosi risparmi sostituendo geometri, architetti, ed amministratori di condominio, che ovviamente hanno interesse a moltiplicare la quantità e il coto dei lavori da eseguire.
Il programma può poi rivolgersi ad architetti, idraulici, o altri tecnici, o ad altri servizi specializzati di Intelligenza Artificiale identificati via internet – con la semplicità cui il telefonino trova il benzinaio più vicino – secondo criteri di vicinanza spaziale o perché specificamente competenti. Può affidar loro la preparazione di progetti esecutivi da sottoporre in maniera competitiva all’assemblea. È una volta ottenuta e verbalizzata l’approvazione di uno di essi, chiedere ad imprese dei preventivi per le opere da eseguire. E via di seguito, fino a rendere superfluo il ruolo dell’Amministratore di condominio, riducendo drasticamente per i comproprietari di un immobile, il costo di gestione del loro appartamento.
E’ facile perciò prevedere come imminente l’arrivo sul mercato, se non ancora di programmi predisposti per la gestione delle Assemblee di azionisti, certamente di quelli da usare per gestioni condominiali. Programmi dove – al posto dell’Amministratore persona fisica, o studio gestionale composto di persone fisiche – è la A.I. a coordinare l’azione collettiva dei comproprietari. Possibilità assai positiva, e verosimilmente di grande successo, perché la “macchina” non avrebbe l’interesse che invece ha l’Amministratore, a moltiplicare i lavori sulla cui spesa egli percepisce una percentuale. Anche perché gli eccessi di spesa proposti dagli Amministratori, e persino gli abusi, sono molto lievitati durante l’esplosione dei bonus durante e dopo la recente crisi pandemica. E ancora più sembrano destinati a moltiplicarsi e lievitare con la possibile creazione delle comunità energetiche, finalizzate – nel quadro delle politiche ambientali imposte da Bruxelles – a trasformare i condominii in auto-produttori di elettricità.
Chi ha paura della A. I. ?
Il caso dell’affidamento alla A.I. della funzione oggi svolta dall’Amministratore di condominio ha un carattere esemplare. Esso mostra infatti che, se da un lato l’intelligenza artificiale potrà sostituirsi a personale umano anche in funzioni un po’ più complesse e molto più costose di quelle svolte dalla cassiera del supermercato, dall’altro essa può consentire risparmi sostanziosi nella gestione – oggi pesantemente burocratica – di una casa di proprietà. Che non solo è un bene cui italiani sono particolarmente affezionati, dato che solo il 20% vive in case di affitto, ma il cui acquisto costituisce anche il principale investimento, la principale spesa, e quindi la più importante decisione economica, che molte persone prendono in tutta loro vita. E’ insomma un bene considerato prezioso, il che spiega almeno in parte la grande litigiosità tra condomini, e fa apparire l’intelligenza artificiale come uno strumento di pace sociale.
Uno strumento di pace a carattere diffuso, precipuamente di interesse per la Società, E quindi molto diverso dagli strumenti che sarebbe necessario costruire relativamente ai possibili scontri tra Stati ed Imperi. Cioè dai fenomeni che sono all’origine dei timori – come l’estinzione del genere umano – che hanno fatto convocare a Londra la riunione precipitosa dei grandi della Terra.
Ma siamo davvero sicuri che il progresso della scienza sia solo, o principalmente, portatore di immane pericolo? O che, nel caso dei molti timori suscitati da innovazioni come l’Intelligenza Artificiale, non si tratti di una reazione come quella che ebbero i massimi poteri di qualche secolo fa quando Galileo osò proporre – con l’ipotesi che fosse la Terra a girare attorno al Sole – uno sconvolgimento culturale molto meno rivoluzionario di quanto non sia ancora oggi, nel XXI secolo, l’idea di una macchina pensante e generativa? E persino operativa, come potremo tra non molto vedere.
Giuseppe Sacco