La subitanea interruzione della legislatura, tra le altre cose, non ha solo influito sul processo del PNRR e sull’approvazione di conseguenti provvedimenti concordati, più o meno direttamente, con i vertici di Bruxelles nel quadro di un adeguamento degli standard italiani a quelli medi del resto dell’Unione europea. Ha anche impedito la possibilità di procedere alla definizione di un nuovo sistema di voto che, dal nostro punto di vista, sarebbe servito a far divenire la prossima legislatura una vera e propria stagione “costituente” grazie all’ingresso di nuove forze politiche e a superare, così, quel bipolarismo di facciata quanto si vuole, ma comunque responsabile di gran parte dei mali che hanno reso le condizioni del Paese ancora più critiche. Inoltre, una nuova legge avrebbe potuto giocare una parte decisiva nel tornare a riavvicinare elettori ed eletti e, soprattutto, a creare le premesse per giungere ad una riforma del sistema dei partiti applicando, finalmente, l’art 49 della Costituzione.
In molti hanno sempre legato al varo di una legge elettorale proporzionale la nascita del cosiddetto “centro”. Definizione molto riduttiva di un qualcosa di più articolato e complesso che già più di due anni fa cominciammo a definire “baricentro”(CLICCA QUI). Destinato a trovare, prima che nella politica, nelle dinamiche sociali e nella convergenza di culture e tradizioni diverse la sua ragion d’essere e la propria forza attrattiva. Un processo di più lungo periodo e ben altro spessore, dunque, da proporre rispetto alla semplice confluenza di natura elettorale. Paradossalmente, avrebbe una forte valenza se fosse perseguito proprio adesso che andiamo voto con l’attuale sistema elettorale che, invece, favorisce una semplificazione che mortifica il patrimonio di potenzialità che il corpo civile sarebbe in grado di esprimere. Per questo seguivano con interesse, pur restante la necessità di una valutazione dei contenuti programmatici, gli intenti “centristi” dell’on Calenda, dell’on Renzi e di altre più piccole formazioni politiche, oltre che di esperienze civiche e sociali spontaneamente presenti nella gran parte delle nostre regioni.
Ma non vorremmo che, con il delinearsi di uno scontro tra due fronti contrapposti, prendesse corpo una certa ritrosia, quasi emergesse la paura di fare un “grande passo” e muoversi senza le ciambelle di salvataggio assicurate sul piano elettorale da centrosinistra e dal centrodestra. Non c’è da stupirsi se qualcuno è tentato di tornare indietro e rifrequentare la logica delle coalizioni, magari nuovamente pensando di ritagliarsi un “centro”, ma collocandosi all’interno nell’una o nell’altra parte e, così facendo, continuare con il gioco delle belle statuine e rinunciare ad ogni prospettiva di incidere “autonomamente” al fine di avviare un’autentica trasformazione del sistema politico e del Paese. Trent’anni di esperienza dovrebbe insegnare che, continuando ad usare questa espressione, abbiamo bisogno di un “centro” vero e distinto!
Chissà che non vi sia al fondo dei tanti possibili ripensamenti di queste ore, anche l’idea che i risultati del prossimo 25 settembre, magari non subito, magari nel giro dell’anno successivo, portino all’ennesimo rimescolamento delle carte con la nascita di governi dalla natura incomprensibile e del tutto insufficienti per individuare e raggiungere gli obiettivi necessari ad avviare un’autentica rigenerazione.
Noi, invece, non demordiamo dall’idea di dare vita ad una larga area che pensi alla costruzione di un’area nuova, progressivamente più larga in cui partecipino credenti e non convinti della necessità di procedere verso una nuova stagione di trasformazione vera. E per questo stiamo lavorando con tutti quelli che comprendono come questo sia il momento di operare.
Giancarlo Infante