Si sono «autoconvocati» come segno di protagonismo laicale. Quasi 80 tra amministratori locali, rappresentanti di reti sociopolitiche e dirigenti di partito – presenti a Trieste come delegati, una delle novità di questa Settimana sociale – si sono incontrati presso l’aula del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Un “fuori programma” cui sono stati invitati il Comitato promotore e i presidenti delle principali associazioni laicali, che hanno ritenuto di partecipare accogliendo questa «sorpresa dello Spirito», come l’ha definita il presidente del Comitato delle Settimane sociali, mons. Luigi Renna.
In comune questi amministratori provenienti da ogni angolo d’Italia e con diverse sensibilità politiche hanno proprio la formazione ricevuta nelle associazioni e nei movimenti. Alcuni di loro, una trentina, si erano già visti a Trieste il 3-4 maggio, per partecipare a un confronto pubblico i presidenti di Azione cattolica, Acli, Agesci, Comunità di Sant’Egidio, Comunione e liberazione, Mcl, Movimento politico per l’unità e Rinnovamento nello spirito. Anche ieri, alla “autoconvocazione” degli amministratori, erano presenti buona parte dei presidenti delle principali aggregazioni nazionali italiane.
L’incontro non è stato un pour parler, perché ha immediatamente prodotto un documento. «Siamo pronti a fare un passo in avanti» rispetto a maggio, scrivono gli amministratori. E, continuano, «siamo consapevoli della responsabilità di costruire dal basso nuovi spazi di buona socialità e innovativi strumenti di democrazia che superino la stanchezza di una partecipazione che è oggi davvero ai minimi storici». C’è la consapevolezza, spiegano nel documento, che questo tempo aspetta dai cattolici impegnati in politica «parole e opere di Speranza», nel solco di una tradizione da rinnovare.
Si sente l’eco, nell’aula del Consiglio regionale, del monito di Mattarella sulla «democrazia sostanziale» e dell’incoraggiamento del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, a chi si impegna in politica. Gli «amministratori di Trieste» – così si definiscono – si ritrovano dunque nell’«auspicio» che «le importanti riforme che attendono il Paese siano portate avanti con spirito di dialogo costituente». E medesimo «dialogo costituente» dovrebbe portare al varo di una nuova legge elettorale per «riavvicinare i cittadini al voto consapevole».
Ma ciò che più conta sono gli impegni assunti nel documento degli amministratori. Il primo è «continuare il lavoro di scambio e condivisione sui temi concreti legati ai territori» e fissare «nel prossimo autunno un incontro nazionale fra le tante realtà» che negli ultimi anni si sono esposte sulla scena pubblica. Il secondo impegno, direttamente collegato alle Settimane sociali, è quello di assumerne «processi, obiettivi e metodi» per «declinarli nelle politiche territoriali». In particolare, la «rete di Trieste» si rivede in alcune priorità: «giustizia sociale e innovazione del welfare, sostenibilità ambientale, centralità delle famiglie e della scuola, accoglienza e integrazione, cura e valorizzazione degli strumenti di partecipazione alla vita democratica».
Terzo impegno, per superare i nodi che inevitabilmente attendono una rete fatta di soggetti differenti, è quello di «fare del magistero sociale di papa Francesco – atteso per la conclusione della Settimana sociale – l’elemento unificante per l’impegno dei cattolici in politica».
Il presidente del Comitato promotore, mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, prima di ricevere il “sigillo” del Consiglio regionale, e di ascoltare una lunga fila di interventi, ha rimarcato l’importanza dell’impegno di «persone che hanno ricevuto una formazione solida nelle associazioni e nei movimenti». «È bene -ha detto Renna – che abbiate invocato questo incontro dal basso». Per l’arcivescovo di Catania, l’incontro era necessario in un tempo in cui «i cattolici fanno fatica a confrontarsi e restano in ostaggio delle ideologie», circostanza che impedisce un dialogo sui temi, alcuni dei quali oggettivamente divisivi. «C’è un vuoto – ha proseguito Renna -. I laici sono presenti nella società civile ma non basta. Mattarella è un esempio di cattolicesimo riuscito nelle istituzioni… Manca la possibilità di costruire non un partito ma uno spartito», dice creando un link tra l’azione concreta degli amministratori e i contenuti elaborati nel volume “Piano B” redatto dall’economista Becchetti – anch’egli presente all’incontro – e da altri studiosi. Da Renna, prima di lasciare la parola agli amministratori, l’invito a «mediare e non fare muro», a esercitare il «primato della carità e della coscienza». Si tratta, conclude, di «cominciare un percorso necessario».
A favorire l’incontro tra gli amministratori – sia a maggio sia durante la Settimana sociale – l’ex senatore triestino Francesco Russo, ora vicepresidente del Consiglio regionale e dunque padrone di casa. Tocca a lui affiancare al documento delle parole d’indirizzo: «Rispondiamo all’invito all’impegno che viene dalla Chiesa italiana che ci ha formato attraverso le nostre comunità», spiega Russo. E «lo facciamo anche a partire dalla sinfonia delle nostre differenze», per avviare un dialogo che «scardini la rigidità delle appartenenze che talora sono faticose per ciascuno di noi, soprattutto quando assumono una forma e un linguaggio sempre più polarizzati». «Vorremmo fare rete su alcuni temi di buon governo del territorio senza rinunciare a dire la nostra anche su temi più generali», anticipa l’ex senatore proponendo agli amministratori presenti una «stagione neo-sturziana».
Gli amministratori ora faranno una ricognizione sui territori per estendere la rete. All’incontro si sono presentati sindaci, consiglieri regionali, assessori e consiglieri comunali di tutte le età, di Nord, Sud, Centro e Isole, donne e uomini, superesperti e neomaggiorenni da poco entrati nelle istituzioni. Sono attivi in liste civiche, nei partiti “tradizionali”, in reti nazionali e regionali che fanno esplicito riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa (Demos, Insieme, Persone e comunità, Basilicata casa comune), in associazioni di amicizia politica come Argomenti 2000. E non meno importante è stata la presenza di esperienze di formazione – le scuole sociopolitiche – e partecipazione, come Immischiati, progetto guidato da Gigi De Palo. Nessuno, negli interventi, nasconde le fatiche e la solitudine dell’impegno. Insieme, però, ai segni positivi e spesso “nascosti”, non visibili e poco valorizzati. Così come nessuno nasconde che rispetto alla fatica dei credenti nello spazio pubblico non c’è un’unica ricetta. C’è chi vorrebbe un contenitore nuovo, chi invece pensa sia più utile continuare a lavorare nei partiti. Ma se non ci sono luoghi di dialogo franco e leale tra amministratori e reti che hanno valori in comune, anche il confronto sulle diverse legittime strade da percorrere rischia di restare puramente ideologico.
Marco Iasevoli
Pubblicato su www.avvenire.it