Il grande Lucio Battisti mi ispira di mutuare le “emozioni” in confusione, parola che sintetizza più d’ogni altra la situazione attuale della politica italiana.
- Iniziamo dal caos magmatico e scottante, generato dal sistema illecito di attacchi hacker che sono stati perpetuati a lungo (non è accertato per quanto tempo) a danno di una quantità enorme di persone e personalità dello Stato ed in assenza di una specifica normativa in materia di cyber-sicurezza. A tal riguardo il competente ministro della Giustizia ci promette, più o meno solennemente, che a novembre provvederà con un decreto ad hoc, ne siamo fiduciosi o meglio speranzosi.
- Tra le migliaia di interferenze operate, in attesa di sviluppi delle indagini, auspicabilmente rapidi, non è affatto giustificabile il fatto che il signor Pazzali (risulterebbe tra i maggiori artefici del misfatto) rimane tranquillamente indisturbato a presiedere l’Ente fiera di Milano con il sostegno, forte ed esplicito, del Presidente della Regione Lombardia.
- La gestione della cosa pubblica sta registrando, giorno dopo giorno, una serie di anomalie e di commistioni tra gli interessi politici e quelli privati come si evince dalle vicende del Ministero della cultura che vanno dalla carica di ministro (vedi caso Boccia) al Capo di Gabinetto con riflessi sul piano strettamente personale, fino a quello di Capo segreteria tecnica, ricoperto da Emanuele Merlino. Egli è stato definito lo “stratega del kulturkampf” in quanto ha teorizzato la “contro egemonia” in un articolato documento. Suo padre, Mario, fu esponente della frangia estremista di Avanguardia nazionale e fondatore del circolo anarchico “XXII Marzo”, in cui militava nientepopodimenoche Pietro Valpreda, dicasi strage di Piazza Fontana a Milano. Ma l’aspetto più rilevante ed imbarazzante sta nella funzione precipua che potrebbe trovarsi a svolgere il figlio eventualmente a favore del padre in merito alla desecretazione degli atti sulle stragi, la qual cosa è di competenza dell’Archivio di Stato, organo alle dipendenze del MIC!
- Del tema conflitti d’interesse s’è già parlato sin dal momento in cui i membri del governo salirono, due anni fa, al Quirinale a prestare giuramento di fedeltà:
a) il Ministro della Difesa aveva (non più?) una posizione dominante in una società produttrice di armi;
b) Daniela Santanché da sempre imprenditrice nel settore turistico;
c) Adolfo Urso, impegnato da anni nel commercio estero;
d) Vittorio Sgarbi, dimessosi per tali motivi con riflessi giudiziari.
E direi che la sommatoria di dette situazioni, a dir poco border line, paradossalmente nel Paese che è la culla del diritto, ci dà una cifra totale di gran lunga superiore al conflitto d’interesse che vedeva responsabile il Cavaliere, cosa che non venne mai sanzionata legislativamente a causa di un’evidente compiacenza della parte politica avversa, P. D., leggasi Massimo D’Alema.
La morale è la seguente: stiamo scherzando col fuoco dato che gli esperti ci assicurano che è a rischio la sicurezza nazionale, piuttosto che l’onorabilità (tutta da dimostrare) dei nostri esponenti politici. E finalmente sembra che l’esecutivo se ne sia accorto … meglio tardi che mai.
Se questa non è “confusione”, che cos’è?
Michele Marino