Quello che fu il cosiddetto “Terzo polo” non sta dando una bella prova di se. Siamo dinanzi all’ennesimo fallimento di un tentativo di dare vita ad una “terza via” perché si rinuncia ad elaborare una reale e vigorosa proposta in grado di porsi in alternativa e come autentico scardinamento del bipolarismo che ha fatto perdere qualità e sostanza al sistema politico ed istituzionale italiano.
Le ragioni del fallimento sono numerose. Certamente brilla quella da connettere all’ubriacatura da “leaderismo” che ha finito per pervadere anche quanti parlano di un’altra cosa rispetto al sistema trentennale che ancora continua nonostante ne sia evidente la crisi. E per come stanno andando le cose, in questa lunga stagione elettorale, sembra che l’obiettivo sia quello di limitarsi a fare una sommatoria di capi e capetti locali pur di giungere al superamento della fatidica soglia del 4% alle prossime elezioni europee.
Tanti gli spunti che ci dicono di uno spettacolo desolante che costringe a rimandare a tempi migliori l’obiettivo di creare una vera alternativa sulla base di una reale immersione nel profondo dei veri problemi dell’Italia e degli italiani.
Qualche giorno fa, Nino Labate (CLICCA QUI) c’ha parlato del rischi della disgregazione diventata nel corso degli ultimi decenni un fenomeno sociale di ampie proporzioni e in grado di definire una caratteristica specifica della società italiana al pari delle altre occidentali dei nostri tempi. Con le inevitabili conseguenze che hanno investito pure la politica. In particolare nella sua capacità di tenere insieme il pluralismo con il sempre più rampante individualismo. E un tale “individualismo” sembra essere diventato una caratteristica propria del gioco della nostra politica nonostante il tutto sia apparentemente sublimato con la semplicistica idea che i partiti “debbano” avere un leader (anche questo termine andrebbe tra virgolette) pena la loro mancata definizione nell’agone pubblico e, quindi, una ridotta capacità attrattiva.
Si tratta di uno dei peggior frutti del bipolarismo che stiamo sperimentando da trent’anni. Che se ha avuto una parvenza di credibilità, almeno nella prima fase dei celeberrimi scontri Berlusconi Prodi, ha poi via via perso sostanza e diventato uno sterile gioco di gestione del potere e di vaniloquio “riformatore”.
E questo è valso, e tuttora vale, pure per le forze minori che, invece, a ben altro dovrebbero puntare. Con partitini e partitucoli già di per sé felici solo di avere un qualche posto in televisione, sui giornali e su qualche trapuntino nel salotto delle decisioni.
La ragione dell’aborto del Terzo polo sta nella mancata elaborazione di una prospettiva progettuale da indicare al Paese che vada oltre i metodi e la sostanza espressi dell’attuale assetto dirigente del Paese. Si continua, insomma, a sposare un atteggiamento di sostanziale accettazione della realtà delle cose, del gioco della politica degli ultimi trent’anni basati su sistemi elettorali iniqui e antidemocratici.
Inevitabilmente, tutto si riduce alle candidature di personaggi più o meno noti, più o meno credibili, in gran parte alla ricerca di autore e…senza voti, o di volti del passato che si portano il peso di vicende che sarebbe il caso, invece, di lasciare nell’oblio.
Il Terzo polo, che abbiamo visto sprizzare energia per pochi attimi in occasione delle elezioni del settembre 2022, non è riuscito ad andare oltre tutto ciò che parte da quel verticistico “individualismo” che chiamiamo “leaderismo”.