Alcuni amici Popolari e di INSIEME sanno che nei panni di un Grande elettore avrei scritto dalla prima votazione il nome di Mattarella, convinto di vederne crescere man mano i consensi nelle successive. Con un certo compiacimento ho quindi seguito la progressione dei consensi sul Presidente uscente, dai 16 della prima votazione ai 387 della settima. Una candidatura fino a quel momento non considerata né suggerita dai leader di partito, ma nata dal basso, dalla base di deputati e senatori, alla fine vincente nell’ottava votazione con oltre il 75% dei suffragi. È stato piacevole sentire per 759 volte il nome “Mattarella” scandito dal presidente della Camera Fico, scheda dopo scheda.
So bene che il favore dei parlamentari verso la soluzione del Mattarella-bis non è motivato solo dalla stima per il candidato o da valutazioni politiche sul “Bene del Paese”. Per tanti ha pesantemente influito la garanzia di un ultimo anno di legislatura senza scosse tali da portare ad elezioni anticipate. Uno spauracchio per chi a settembre maturerà il diritto alla pensione da parlamentare per questa legislatura. Non è un mistero che il prossimo Parlamento avrà numeri ridotti di un terzo, e che molti deputati e senatori sanno o temono di non venire rieletti. L’istinto di conservazione è tanto umano quanto ovvio, e non va condannato come molti fanno. Va semplicemente considerato come un dato di realtà. Che questa volta ha fatto gioco per la soluzione che in tanti auspicavamo come la migliore.
Qui non ci siamo limitati a sperarla nel nostro cuore: lo abbiamo scritto a chiare lettere da tempi non sospetti. Basta rileggersi l’editoriale del 4 dicembre scorso (CLICCA QUI), e abbiamo poi continuato a pubblicare articoli che sostenevano la bontà del reincarico.
La rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica ci riempie di soddisfazione perché l’Italia avrà nei prossimi anni un punto di equilibrio indispensabile per affrontare le crisi del Paese.
È stata la scelta migliore perché si è guadagnato la stima e la fiducia della maggioranza degli Italiani, che lo considerano un punto di riferimento nella generale crisi della politica e delle Istituzioni. Scrive Francesco Ognibene su “Avvenire” che “in Mattarella il Paese sa di aver trovato sempre – e sempre di più – quella presenza all’altezza dei tempi che chiedevamo a noi stessi, una sintesi di ciò che sappiamo necessario ora (…): serietà, rigore, concretezza, sobrietà, discrezione, rispetto delle regole, determinazione, empatia, senso della comunità, lungimiranza, ottimismo, saggezza, spirito di sacrificio, dedizione al servizio, essenzialità…”.
Aggiungiamo che il Presidente va apprezzato come rispettoso servitore della Costituzione. Senza il rischio di striscianti derive presidenzialiste, adombrate da quella frase, forse infelice ma eloquente, del ministro Giorgetti sul “presidenzialismo di fatto” che si sarebbe realizzato con la salita al Colle del suo candidato preferito (così come per Letta e Renzi): il premier Draghi.
Eppure non mancano anche nel nostro mondo, quello dei democratici popolari di ispirazione cristiana, valutazioni negative. Un amico ha lamentato la rielezione di Mattarella, considerandola “una toppa su una camicia stracciata”, perché “se il Paese non riesce a darsi un nuovo Presidente denuncia la sua crisi di democrazia”. La scopriamo adesso la crisi della democrazia in Italia? “Rinascita popolare” denuncia da anni e anni i guasti della cosiddetta Seconda Repubblica, del bipolarismo estremista, del maggioritario forzato, dei premi di maggioranza abnormi, dei partiti personali, dei “nominati” e del servilismo verso i capi partito, del teatrino mediatico lontano dalle persone e dai problemi della vita quotidiana, del discredito dei partiti che trascina con sé la politica e le istituzioni.
La consapevolezza di tutto questo avrebbe dovuto evitare nei giorni scorsi l’illusione che ci potessero essere convergenze su nomi “di alto profilo” che proprio non si vedono nella classe politica dominante negli ultimi vent’anni. Basti pensare alla candidatura Berlusconi – presa sul serio dai media e sul ridere dalla gente –, a terne e “rose” proposte e bruciate nel giro di mezz’ora, alla Presidente del Senato prestatasi a fare la candidata di bandiera del centrodestra – senza nemmeno il buon gusto di non sedersi sullo scranno di presidenza dell’Aula nella votazione in cui era coinvolta – e impallinata da una settantina di “franchi tiratori”. Da ultimo sono stati stoppati candidati esterni ai partiti, sicuramente di valore, con motivazioni di sostanza: un altro tecnico, con Draghi, ai vertici della Repubblica, avrebbe rappresentato la Caporetto della politica; e non è un bel segnale che diventi Capo dello Stato il capo dei servizi segreti.
Considerato il tutto – la volontà dei parlamentari di continuare la legislatura, il disfacimento dei due poli, la presunzione e pochezza dei capi partito, l’oggettiva superiore statura del Presidente uscente – è quindi finita nell’unico modo possibile, e nei tempi che sono stati necessari per portare a compimento l’ennesima figuraccia dei leader. “Sarebbe bello se una richiesta di disponibilità a Mattarella partisse unanime dai partiti presenti in Parlamento. Ma siamo nel campo dell’utopia – scrissi a inizio dicembre –. Pare assai più probabile uno scenario di divisione per inseguire convenienze di parte, con la possibile ripetizione della sconcertante guerriglia già vista. E la richiesta a Mattarella di accettare il reincarico potrebbe allora avvenire sulle macerie di un nuovo scontro politico a tutto campo, con le forze politiche incapaci di venirne a capo, così come successe con Napolitano. Ma la credibilità della democrazia rappresentativa subirebbe così un ennesimo duro colpo”. La realtà è purtroppo questa, non la scopriamo adesso. Ma, data questa realtà, l’elezione del Presidente della Repubblica è finita nel miglior modo possibile.
Con Mattarella e Draghi riconfermati, l’anno che ci porterà alla fine della legislatura parte con l’assetto più rassicurante, dentro e fuori i confini. Il loro prestigio dovrebbe anche evitare, o comunque reggere, i colpi di coda di una oligarchia dei capi partito in piena “crisi di tardo impero”, arrivata ormai al capolinea.
Si impone una profonda trasformazione del sistema: da attuare non con effetti speciali e ingegnerie costituzionali, ma restituendo ai cittadini la piena sovranità con il ritorno al proporzionale per permettere la presenza di partiti nuovi e la libera scelta dei propri rappresentanti.
Gli Italiani meritano fiducia: come dimostra il palpabile consenso tra la gente comune per Sergio Mattarella, sanno ancora riconoscere le persone serie dai venditori di fumo.