Guidati dall’insegnamento di Papa Francesco dovremmo ritenere che l’immigrazione rappresenti per la nostra società un’occasione profetica, una sfida da accogliere in modo positivo, continuando a coltivare l’attenzione per i poveri e l’idea della democrazia come un sistema inclusivo, da rigenerare costantemente cercando di coniugare una informazione corretta sui fenomeni migratori, azione sociale a sostegno di una cittadinanza attiva dei migranti, servizi per la tutela dei diritti, formazione e percorsi educativi.
Perché queste migrazioni di massa? Primo perché i più deboli fuggono da condizioni difficili e talvolta impossibili nei loro paesi. Tentano di fuggire, e sono sfruttati da persone senza scrupoli, che hanno trovato il loro business. Gli scafisti sono l’ultimo anello della catena, che parte molto più in alto. Altrimenti sarebbe relativamente facile stroncare questo traffico. Tema affascinante, del quale nessuno pare volersi occupare.
Cosa ha generato queste condizioni impossibili? La politica di occupazione degli interessi occidentali sulle ricchezze di quei paesi, organizzare queste migrazioni di massa ha generato una nuova industria, sempre nella logica di cogliere il massimo profitto dalle situazioni, senza considerare da cosa sono state provocate. La presenza di migranti in Europa può essere un’occasione di crescita positiva per i Paesi di accoglienza, una crescita non solo demografica o economica ma soprattutto sociale e culturale per tutta la comunità, autoctona e straniera.
La forte esposizione mediatica dell’immigrazione in questi anni ha fatto sì che l’opinione pubblica abbia una percezione del fenomeno di molto superiore rispetto al dato reale. Gli europei stimano che l’incidenza degli stranieri in UE sia al 16,7%, più del triplo rispetto al dato reale (5,3%). In fondo, siamo più preoccupati dalla “percezione” e dalla rappresentazione che dalla realtà. Così ci sembra normale e accettabile, per legittimare nostre tesi preconcette, che se l’ISTAT rileva come su 100 persone in Italia 10 sono nate in un altro paese, percepiamo e crediamo una quota di stranieri del 31%. Se i musulmani sono il 2,5 % vale invece la percezione diffusa che siano il 22%. Che per un italiano su tre quasi tutti i crimini in Italia è commessa da immigrati. Che per due su tre è troppo pericoloso accogliere migranti perché terroristi.
Bisogna leggerlo l’ultimo libro di Nello Scavo, “Lybiagate”. In particolar modo, dovrebbe leggerlo chi ha responsabilità di governo e per ben tre volte ha riconfermato lo scellerato patto con il Governo di Tripoli per bloccare le partenze dai porti libici di quei migranti che nel tentativo di fuggire da guerre, fame, miseria vengono detenuti nei lager della Libia. Da quelle righe si evincono i legami esistenti tra i carcerieri libici i trafficanti di droga e di armi e si capisce come, per bloccare l’inchiesta sui legami di alcuni faccendieri e politici maltesi, sia avvenuta l’uccisione della giornalista Daphne Caruana Galizia.
Nello Scavo (inviato di Avvenire) vive sotto scorta da quattro anni ma le minacce subite non ne hanno zittito la voce. L’Italia firmò con Gentiloni gli accordi con la Libia nel 2017, riconfermati dal Governo Conte nel 2020 e nel febbraio 2023 da quello di Giorgia Meloni. Quali legami si sono creati tra gli aguzzini libici e la politica italiana per impedire a uomini e donne di sperare in un futuro migliore?
Un gruppo di giuristi ha presentato un esposto alla corte penale dell’Aja in cui viene ricostruita la tortura a cui sono stati sottoposti migliaia di migranti. Viene chiesto di processare le autorità libiche con i presunti complici Italia e Malta. Spiega Nello Scavo “che il sostegno fornito dalle autorità italiane e maltesi alla guardia costiera libica è un concorso nei crimini commessi contro i migranti per cui deriva una responsabilità penale internazionale come si evince dallo statuto della Corte”
C’è chi non li vuole perché sono illegali, c’è chi li vuole perché sono utili, visto che gli italiani certi lavori non li vogliono più fare. Loro, invece, anche dieci ore di fatica con salario da fame. C’è chi vorrebbe accoglierli come giusto fare per chi è nato nella parte sbagliata. Il film di Garrone “Io capitano” ci dà un’altra visione: il protagonista è un vincitore, una parola che manca nell’analisi del problema immigrazione.
Se lo spostamento di queste masse di giovani da una parte all’altra del mondo fosse una soluzione non per chi vuole arrivare, ma per noi paesi vecchi, insoddisfatti, senza più fantasia ed entusiasmo? Non si fanno figli, i giovani sembra non credano al futuro, diventiamo un paese di vecchi, sembra che la speranza svanisca, prevale la sensazione di impotenza di fronte alle guerre. Gli immigrati che ce la fanno sono dei vincitori e lo sono anche per noi perché ci serve il loro entusiasmo, la loro vitalità, perché con la loro speranza la possono restituire anche a noi. Il loro sogno che si realizza attraversando il Mediterraneo può essere un grande dono anche per noi.
Mauro Zenoni