La domanda che qua e là affiora – sia pure in maniera allusiva, eppure via via più sempre meno nascosta – in molti commenti relativi al voto parlamentare sul MES ed a quel che n’è seguito, a cominciare dalla dichiarazione di Giorgetti, concerne l’ attitudine o meno di Giorgia Meloni a guidare un grande paese dell’Occidente, qual è, in ogni caso, per quante siano le difficoltà in cui versa, l’Italia.
Sembrano essersi fatti, se non altro, più prudenti anche taluni “laudatores” dell’ultima ora, di quelli che si trovano in una certa stampa fiancheggiatrice, storicamente da sempre incline a blandire il potente di turno, bilanciando, con studiato e sapiente equilibrio, i “pro” ed i “contro “, secondo quel po’ di asimmetria a favore dei primi che, senza sfacciate esposizioni, faccia intendere una forma di assenso e di sostegno.
Al di là del “glamour”, dei toni ora ragionati e suadenti, più spesso spicci ed aggressivi, ora coinvolgenti, in altri momenti duramente oppositivi, cosa resta dell’ “appeal” di Giorgia Meloni o meglio della sua effettiva capacità di “leadership” dopo le vicende tortuose degli ultimi giorni?
L’ impressione è che, non appena i primi nodi giungono al pettine, il tutto si ingarbugli e laddove sembrava esserci una strategia, in effetti, compare una tattica di corto respiro e, per di più, condotta in modo maldestro, secondo una logica che neppure privilegia, a fronte di quelli europei, gli obiettivi della “nazione”, ma addirittura sacrifica questi ultimi all’ interessi delle fazioni politiche raggrumate nella maggioranza di governo.