La nuova legge francese sull’ immigrazione sta terremotando la politica dei nostri cugini transalpini. Decisamente restrittiva, è stata approvata con il voto determinante di ben 88 deputati “lepenisti” e della destra gollista che hanno supplito ai circa 60 parlamentari della maggioranza che si sono astenuti o addirittura hanno votato contro.
Pesanti reazioni nel movimento del Presidente Macron, a cominciare dalle dimissioni del Ministro della Sanità e dai dubbi di costituzionalità sollevati dalla stessa Presidente del Consiglio dei Ministri.
Una vicenda che impone, anzitutto, due considerazioni. Anzitutto, l’ indeterminazione e l’ ambivalente precarietà della cultura politica macroniana. La sostanziale cecità di un “illuminato” leader liberal-democratico che non sa, non vuole o non può cogliere quale sia il vero, inaggirabile nodo dei fenomeni migratori e non osa affrontarlo, scordando che è del tutto illusorio pensare possa essere governato con politiche restrittive e giri di vite.
In secondo luogo, la condizione paradossale di una maggioranza di governo costretta ad inseguire, su temi delicatissimi e sensibili per la coscienza morale di un Paese, l’ opposizione parlamentare. Insomma, non trova di meglio che adeguarsi. Una condizione che, al di là del caso specifico, contrassegna l’ intero percorso della politica francese, al punto che c’è chi parla di dissoluzione della compagine di governo e conseguente ricordo ad elezioni politiche anticipate.