La Lega ha inneggiato al Carroccio al Senato in occasione del voto che “rompe” definitivamente l’Italia. Esposto persino un drappo con il Leone di San marco. Sì, perché è la Lega secessionista a vincere con l’Autonomia differenziata. E bene hanno fatto quelli dell’opposizione ad intonare l’Inno di Mameli. Quell’inno che risale al 1847 quando la Penisola era divisa in decine di staterelli.
Quelli di Fratelli d’Italia, punti nel vivo, si sono alzati ed anch’essi si sono uniti al coro che faceva risuonare nell’aula del Senato il canto di chi ha donato la vita per raggiungere l’Unità nazionale. Le contraddizioni dell’animo umano. Un’incoerenza che non può essere perdonata.
L’Italia deve ritrovare davvero coesione. Venti dispersioni legislative, di spesa e d’indirizzo hanno aggravato le nostre condizioni.
L’Autonomia differenziata vuole dare ulteriori poteri alle Regioni. Mentre, invece, andrebbero loro ridotte, così come la capacità di spesa a piè di lista o offrire una miriadi di prestazioni diverse. A partire da quelle che hanno contribuito, e molto, ad affossare la nostra Sanità. E sorvoliamo sul sottopotere e sui grandi e piccoli scandali che hanno costellato la vita del sistema regionalizzato del Paese, a partire dalle dimenticate ruberie della formazione professionale ed altro.
La vera riforma delle Autonomie, quelle che abbiamo ricordato pochi giorni fa in occasione del centenario sturziano dell’Appello ai Liberi e forti, dovrebbe consistere nel puntare di più all’effettiva prossimità delle istituzioni con i cittadini e con i problemi quotidiani della gente. Quello che, purtroppo, per quel che riguarda le regioni, si è progressivamente perso mentre si è dilatate la spesa pubblica e accentuate le divisioni tra Nord e Sud e, persino, all’interno di molte regioni.
Brutta la pagina scritta ieri al Senato. In particolare per i “traditori” di quello spirito nazionale che dev’essere salvaguardato, invece, con intelligenza, efficacia e solidarietà.
La speranza è che quegli ingenui elettori, soprattutto quelli del Meridione, che hanno creduto nel messaggio del partito di Giorgia Meloni, che da ieri, a maggior ragione, può essere definito gli “sfracelli d’Italia”, tocchino con mano le responsabilità che si sono assunti con un voto che oggi rivela quella che è la verità su chi si riempie la bocca con la NAZIONE e, poi, la distrugge.
Giancarlo Infante