C’ è un punto, nel messaggio che il Presidente della Repubblica ha rivolto a tutti gli italiani, senza distinzione di parti politiche, che non è stato ripreso dai molti commentatori che si sono esercitati attorno alle parole pronunciate da Sergio Mattarella. Eppure queste, in un certo senso, possono essere considerate la chiave di volta dell’intero discorso, la cifra che regge e rivela la cultura politica che lo sostiene e ne mostra quella “consistenza”, cioè la coerenza interna, la consonanza tra le parti del messaggio che, su queste pagine, è già stata sottolineata (CLICCA QUI).
“Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo ‘riconoscere‘. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato”. Così l’ affermazione del Presidente che merita di essere ripresa.
In queste poche parole ci sta tutto il carattere forte di una cultura politica, capace – se davvero compresa e correttamente sviluppata – di incardinare i pilastri dell’ intero ordinamento costituzionale sui principi inalienabili della dignità e della libertà della persona, valori, nel senso forte del termine, cioè non derivati da altra sorgente, né riducibili ad altro più elementare fondamento che non sia lo loro valenza originaria ed incondizionata, cioè la radice “ontologica” da cui sorgono e prendono forma.
Vuol dire che, incarnata nella straordinaria, spesso incerta, sempre mutevole vicenda umana, c’è e persiste, al di là di ogni accadimento storico, una verità che concerne l’ uomo ed il significato della sua vita, tale da precedere ogni forma di diritto positivo, ogni norma che sia fondata su convenzioni sociali e su acquisizioni culturali che sono via via maturate nel tempo, addirittura ogni impianto costituzionale. In questo senso, è davvero fondamentale l’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale – “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo….” – in quanto attesta come, nata in un determinato frangente storico, sia, in ogni caso, edificata su un fondamento incontrovertibile e meta-storico, tale da persistere oltre ogni possibile contingenza dell’ evoluzione umana. Rappresenta, in altri termini, l’ argine più efficace contro ogni forma, da una parte, di statalismo collettivista, dall’altra contro ogni tentazione di statolatria nazionalista.
In ultima analisi, si tratta di quella attitudine “personalista” che rappresenta il cuore ideale della cultura politica del cattolicesimo democratico e popolare. Tuttora adatta, purché si sia francamente coscienti del suo perdurante rilievo, ad essere il “baricentro” di cui hanno bisogno società oggi investite, si potrebbe dire, da una vera e propria “tempesta” antropologica. Nelle quali, una cascata incalzante di eventi sembra costringere l’ uomo a sfidare sé stesso, ad esplorare, con un inedito spirito critico, le stesse “colonne d’ Ercole” della propria tradizionale e consolidata concezione di sé, della propria natura oggi sottoposta ad una pressione evolutiva problematica e di un’intensità fin qui mai conosciuta.
Domenico Galbiati