Giorgia Meloni non esita, per continuare con il suo “doppio gioco” sull’Europa, ad accumulare le contraddizioni. Dal “finita la pacchia” è passata, come se niente fosse, alla supina accettazione di un Patto di stabilità che, grazie a lei e a Giorgetti, è diventato un gioco con “l’handicap” per l’Italia, visto che partiamo con 12 o 13 miliardi in meno ogni primo di gennaio.
Voltafaccia per alcuni, alta strategia politica per altri. Il fatto è che in Europa, e sullo scenario internazionale, si recita una parte, a spese degli italiani, e sul fronte interno si tira a campare. Barcamenandosi tra vecchi slogan e polverose parole d’ordine, quelle di quando bisognava fare le barricate per crescere nei consensi e mezze verità.
Il tutto in attesa dei risultati di questa notte quando si avrà un’idea sulla direzione che gli europei vogliono far prendere all’Unione. E così, Giorgia Meloni, sempre nel tentativo di mantenere il vecchio ritornello e, al tempo stesso, per provare a rimanere in palla, aggiustando la gabbana a seconda di come andranno i risultati, prova a ridare nuovo corso a uno slogan che si presta a tutte le interpretazioni, e al loro contrario. E ha detto di pensare ad un’Europa delle Nazioni e che quindi, a livello del Continente, si limiterebbe a fare “poche cose”, bontà sua, ha aggiunto importanti.
Tra un piagnisteo e l’altro, la prima donna che in Italia sia giunta a conquistare la poltrona di Presidente del Consiglio è stata perciò a disinvoltamente far finta di ignorare che, dopo il 10 di giugno, vi saranno decisioni importanti da prendere. E che i partiti più votati a livello continentale – che saranno probabilmente ancora una volta i popolari e i socialisti, con l’aggiunta di liberali e centristi – non vorranno più rimandare le questioni che il momento storico ormai impone. Che sono, solo per citarne alcuni tra i più rilevanti, quella della revisione dei Trattati, della politica cosiddetta “green” e, cioè della salvaguardia dell’ambiente e del clima.
Per non parlare, poi, delle questioni della difesa, rese ancora più cogenti dal protrarsi della guerra in Ucraina, e di quelle relative alla non ulteriormente rinviabile armonizzazione fiscale. Infine – last but not least anzi ormai prioritaria a quasi tutte le altre – quella della piena comprensione e dell’approfondimento del tema dell’Intelligenza artificiale. Piu che probabile, rimane poi che si dovrà rimettere mano alla riconsiderazione dei rapporti con il Regno Unito, a seconda di come andranno le elezioni indette dal Primo ministro conservatore britannico Sunak. Insomma, un mare di temi che rendono davvero difficile credere alla ipotesi meloniana di potersela cavare con tre, quattro cose…
E’ certo che molto dipenderà dai risultati elettorali. E se solo si ripresenterà la possibilità di formare nuovamente una maggioranza “Ursula”, dal nome dall’attuale Commissaria von der Leyen sarà Giorgia Meloni a dover decidere sul che fare. Perché la scelta sarà piuttosto netta tra una linea o un’altra. Potrà sempre continuare, la nostra Presidente del consiglio, a fare il doppio gioco, ma è chiaro che il Patto di stabilità e il problema del rientro dal debito renderanno sempre più complicato tenere i piedi in più staffe. E questo anche se la destra europea dovesse davvero andare oltre le sue più rosee previsioni contribuendo alla creazione, al Parlamento di Strasburgo, di una diversa e più conservatrice maggioranza.
Perché da quel momento in poi sarà necessario dire chiaramente cosa stia a significare lo slogan, della Europa delle Nazioni, diversa e forse addirittura contrapposta ad una Europa dei popoli. E Giorgia detta Giorgia avrà, e noi con lei, da fare i conti con i suoi “amici” frugali” del nord e del centro Europa. E allora si, che sarà davvero “finita la pacchia”. Per lei ; e purtroppo anche per gli italiani…..
Giancarlo Infante