Non succede tutti i giorni che un affermato giornalista, già direttore di importanti testate nazionali, arrivi a chiedere scusa d’un giudizio mal posto o di un argomento buttato lì senza discernimento, pensando, mal che vada, di andare sul sicuro, assecondando la china di un’opinione corrente quanto infondata.
Merita, dunque, rispetto Marcello Sorgi che, redarguito tra l’altro da Marco Follini, fa vigorosamente marcia indietro sulle pagine de “La Stampa” e con esemplare chiarezza, si scusa, appunto, di aver paragonato la Meloni alla Democrazia Cristiana o ad un presunto, non ben definito “metodo democristiano”. Ovviamente riconoscendo alla DC ed ai democratici-cristiani il buon diritto di sentirsi offesi se paragonati a Giorgia Meloni.
Devono avergliene dette di tutti i colori al povero Sorgi, secondo quanto lui stesso afferma. Al punto di stupirsi che nel Paese ci sia ancora un così forte sentimento di apprezzamento e stima nei confronti della Democrazia Cristiana.
Il fatto è che vi sono opinionisti e giornali interi – curiosamente perfino neo-parlamentari della parte avversa – che, anziché dire pane al pane e vino al vino, si arrampicano su per i tornanti di ragionamenti tortuosi, per sostenere come, nel disastro combinato dalla Meloni a Strasburgo, vi sarebbe, forse, perfino un guizzo di furbizia, se non addirittura di saggezza politica.
In ogni caso, torna comodo, anziché sopportare la fatica di un’analisi attenta – fatica lieve per osservatori ormai attempati – buttarla lì e parlar male della Democrazia Cristiana, a costo di falsare la storia, e giusto per adeguarsi ed assumere in proprio quel “dire e non dire” che alla DC si vorrebbe imputare come colpa, alla Meloni come merito e prova di intelligenza politica.
Le cose stanno diversamente e non è male ricordare che tuttora l’Italia vive nel solco delle scelte di fondo con cui la Democrazia Cristiana, senza titubanze, le ha garantito decenni di libertà e di democrazia, di sicura collocazione sul piano internazionale e di pace, di pieno e convinto concorso alla faticosa costruzione dell’ideale europeo.