Nelle dichiarazioni finali sul G7, Giorgia Meloni ha soprattutto pensato ad illustrare i successi del proprio governo, e suoi personali, ottenuti nel consesso internazionale, ma anche interno.
Ora, non è il caso di entrare troppo nello specifico e contrapporre dati a dati, valutazioni a valutazioni. Una pratica persino inutile in un’Italia che, ancora una volta, non smentisce di voler continuare solamente ad essere animata soprattutto dalla “faida di paese”. E questo nonostante il fatto che, da quando Carducci la vergò, sia passato ben più di un secolo.
E’ proprio questo il punto. Cioè se la nostra classe politica dirigente si renda conto che abbiamo bisogno di un diverso atteggiamento. E non si tratta di buone maniere e di garbo istituzionale che, comunque, sarebbe il caso di non scordare mai. Bensì perché un paese, qualunque paese in generale, non può portare la diversificazione interna alle estreme conseguenze. Ci sembra che questo stia invece valendo, e che nessuno se ne curi, da parecchi decenni a questa parte.
Berlusconi si dovette inventare il pericolo comunista ben dopo la caduta del Muro e proprio nel momento in cui neppure lontanamente quel che ne rimaneva in Italia poteva far pensare a qualcosa del genere. Lo fece perché nel clima degli anni ’90, e con la nascita del bipolarismo, pensava che potesse vincere solamente alzando i toni e rendendo parossistico il confronto con gli erano avversari. Questi risposero da par loro e, così, per due volte riuscirono a sconfiggerlo. Non tanto per l’aver lui fallito su tutta una serie di progetti annunciati e mai attuati, si ricorderanno al riguardo il famoso “milione di posti di lavoro” ed anche l’Italia delle tre “I”: internet, inglese e imprenditorialità, ma appiattendo la sua immagine su questioni morali, rapporti con la mafia, e compagnia cantando.
Con Giorgia Meloni non è cambiato lo schema di lavoro. Con l’aggiunta della sua provenienza da un brodo di coltura che non è certo passato inosservato e che, purtroppo, viene messo a bollire continuamente da troppi dei suoi, anche di altissimo livello, che lei non vuole, o forse non può, allontanare. Così un’oggettiva divisività emerge pressoché quotidianamente. Ne va di mezzo, ovviamente, la “qualità” dell’impegno pubblico e la trasparenza su decisioni e provvedimenti di cui, spesso, si perde una logica razionale e a proposito dei quali resta senza risposte la domanda sulle loro conseguenze di lungo periodo per gli italiani e le loro future generazioni.
Si vede che Giorgia Meloni ha puntato su questo gioco che, al momento, le consente di operare su tavoli diversi, la livello nazionale e internazionale. Anche se forse sottovaluta che non esistono più i compartimenti stagno perché oramai tutto è all’attenzione mondiale. L’aggressione avvenuta in Parlamento potrebbe aver ricevuto ben più ampia risonanza di quanto non sia stato per l’organizzazione del G7 a proposito del quale più d’uno comincia a parlare di una relativa inutilità.
Forse, però, c’è anche altro. Perché il non essere divisivi costringerebbe al compromesso o, almeno, all’ascolto delle ragioni dell’altro. Costringerebbe anche al lavoro di ricomposizione politica, economica e sociale. Ma questo, solo per stare ad esempi molto terra terra, rischia di far entrare in contraddizione le ragioni di un successo elettorale che appare sempre più il frutto di una sommatoria di pulsioni corporative. E , diciamocelo, anche di retroguardia visto quanto è basato sulla difesa di interessi costituiti. Lo stanno abbondantemente a confermare la vicenda dei balneari, quella dei taxisti, ma anche quelle dei commercianti e degli agricoltori. Sia in relazione al tentativo di conservare loro vecchie concessioni, sia per quanto riguarda la politica fiscale che, in taluni casi, ha continuato a seguire la logica dei condoni, più o meno camuffati. Per non parlare, poi, della clamorosa vicenda degli extra profitti delle banche, ma che avrebbe potuto benissimo riguardare anche tutte le società, a partire da quelle energetiche, che si stanno a godere i loro bilanci mentre le famiglie sentono il morso dell’inflazione e del costo della vita quotidiana.
Così, forte dei successi elettorali, anche se l’analisi dei dati reali dovrebbero invitare alla prudenza, e dei baci e degli abbracci con i “grandi del mondo”, pure questa volta Giorgia Meloni ha perso l’occasione per andare oltre un atteggiamento “con l’elmetto” che non serve a nessuno. Neppure a lei. E così due autentiche parole importanti di critica su quanto realmente accaduto in Parlamento, proprio nel corso del G7, sono mancate. Una cosa che pesa.