Uno dei più espliciti veto al coinvolgimento dei conservatori europei è venuto da chi meno poteva aspettarselo tra quanti contavano nella sponda con Ursula von der Leyen candidata al rinnovo della sua presidenza della Commissione europea da parte dei popolari. Quello di Donald Tusk, il Primo ministro polacco e una delle principali figure del Partito popolare europeo.

Non poteva essere altrimenti visto che Tusk è stato impegnato in una dura battaglia, da lui alla fine vinta, contro i populisti e nazionalisti del suo paese, da sempre molto vicini a Giorgia Meloni.

Il passato, infatti, ha un suo peso e rischia, anche nel caso specifico, di costituire uno di quei massi di cui abbiamo parlato ieri (CLICCA QUI) che Giorgia Meloni si ritrova tra i piedi, proprio sul più bello, quando prova a far sentire la sua voce anche in Europa.

Le viene adesso a mancare una delle carte su cui contava. Qual era quella di una interlocuzione con il Ppe nel suo complesso. Mentre, invece, può stare solo a guardare il corso che prenderà il tentativo di Ursula von der Leyen di allargare la sua maggioranza. In ogni caso, restano le ripetute dichiarazioni della nostra Presidente del consiglio che mai e poi mai avrebbe partecipato ad una coalizione di cui facessero parte le sinistre. Il collante delle guerra in Ucraina non serve come un talismano a superare le posizioni storicamente assunte e che oggi non è facile far dimenticare.

La politica è un’altra cosa  rispetto alla retorica e alla propaganda. E ciò vale soprattutto nell’ambito internazionale dove le dichiarazioni di principio ci sono, certamente,  vengono anche disattese con una certa facilità e, quindi, lasciano il tempo che trovano, ma sempre restano con tutto il loro peso. In questa volatilità del pensiero, e soprattutto nella coerenza della sua attuazione, indubbiamente, può essere individuato uno dei limiti del com’è stata costruita l’Unione, ma forse ciò ha costituito il prezzo da pagare al percorso di un’entità sovrannazionale che non è composta, oggi, da 27 paesi, bensì da tante numerosi variabili che ognuno di quei paesi si porta nel proprio bagaglio. Cosa che rende l’Europa complessa … da maneggiare sempre con cura.

Le relazioni, soprattutto quelle internazionali, non possono essere coltivate a colpi d’ascia. Metodo che soventemente praticano tutti i nostri politici, ma che è coltivato con una certa determinazione anche dalla nostra Presidente del consiglio.

L’Italia avrà comunque il suo commissario e il voto segreto della ratifica con cui saranno sottoposti i candidati alla nuova Commissione potrebbe certamente riservare qualche sorpresa. Giorgia Meloni sembra molto risentita per come si stanno mettendo le cose, in generale, e dell’andamento della prima cena fatta con gli altri Capi di stato e di governo di due sere fa. Facendo un po’ come la volpe con l’uva, visto il clima in cui si è ritrovata abbastanza marginalizzata, ha detto di essere contraria alle decisioni prestabilite. Anche se l’incontro cui lei ha partecipato a quello doveva portare, pure con il suo apporto.

Così funzionano le cose, che piaccia o no. Un valente politico non può non tenerne conto… e magari anche il più possibile in anticipo rispetto agli appuntamenti che contano, scegliendo per tempo la parte giusta.

 

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