Al Presidente del Senato, Ignazio La Russa, va riconosciuto il merito di richiamare l’attenzione della politica sul fenomeno dell’astensionismo.

I partiti, al contrario, dall’una e dall’altra parte, per lo più aggirano l’argomento, trovando, almeno in questo atteggiamento, una sostanziale consonanza. Non si preoccupano che gli italiani disertino le urne, per il semplice fatto che l’astensionismo crescente è funzionale al mantenimento della conformazione bipolare, fortemente polarizzata del nostro attuale sistema politico.

Cioè, fa comodo, congiuntamente, alla destra ed alla sinistra, che, grazie ad una chiassosa dialettica di nuda e cruda contrapposizione, occupano surettiziamente l’intero spettro delle opzioni politiche possibili e si garantiscono reciprocamente nei rispettivi ruoli, pur ammettendo di poterseli scambiare nel tempo. Certi, in ogni caso, di conservare, come maggioranza o alternativamente come opposizione, un ruolo di protagonisti esclusivi del confronto politico. Avvertono, in altri termini, come l’ impalcatura del sistema che insieme sostengono e da cui sono sostenuti, non sopporterebbe l’ urto di una partecipazione massiccia degli italiani al voto. Questa, infatti, dando piena espressione all’articolazione plurale che fortunatamente c’è nel nostro contesto civile, in un modo o nell’altro, farebbe saltare i chiavistelli di un sistema che tanto più sopravvive, quanto più si rattrappisce su di sé.

Detto altrimenti, circoscrivere la partecipazione al voto ad ambiti di cittadinanza attiva via via più ristretti, consente, ad ambedue i protagonisti del sistema, di “coltivare” meglio, più da vicino, con occhiuta attenzione ai suoi peculiari interessi, il proprio elettorato. Il quale, in una situazione del genere, va evolvendo progressivamente verso la forma di “enclave” via via più compatte e rigide, esposte al rischio di una deriva che traduca le rispettive posizioni in chiave ideologica. Insomma – il classico caso del cane che si morde la coda – siamo dentro un sistema centripeto, che, alimentato dai suoi stessi difetti, ruota su sé stesso come una giostra ed esclude tutti coloro che non stanno preventivamente a bordo.

La contesa tra le due signore della politica italiana, si potrebbe dire in altri termini, per quanto sia virulenta, adombra, per altro verso, una sorta di patto solidale e necessario, sotteso allo scontro. Fino a giungere a considerare  che il nostro sistema politico, per quanto rissoso, funzioni, nel contempo, quasi fosse una cooperativa di “mutuo soccorso”, che, per quanto non artatamente promossa, sta nell’ ordine delle cose di una struttura autoreferenziale e, dunque, di per sé, incapace di dar conto dell’effettiva realtà di un Paese che, di volta in volta, sempre più ne prende silenziosamente le distanze.

Domenico Galbiati

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