Torna il tempo dei conti anche per il Governo. E’ stato presentato il documento di economia e finanza, primo approccio che porterà al bilancio e alle previsioni di spesa fino al 2027.
Il testo non è ancora diffuso, ma è stato oggetto della conferenza stampa del Ministro Giorgetti, quindi si conosce poco. Anche perché le nuove regole europee sul deficit e sulla riduzione del debito (che vale per tutti i paesi dell’Unione) ancora non ci sono e se ne parlerà a settembre.
Qualche conto in ogni caso si può già fare, per avere una idea del punto in cui siamo. La crescita è prevista per l’uno per cento del PIL. La Banca d’Italia e il Fondo Monetario Internazionale hanno già detto che sarà meno: tra 0,6 e 0,8. Naturalmente il governo e la maggioranza parlano di Paese che tiene e che reagisce. Peccato che la Spagna stia crescendo ad un ritmo tre volte superiore al nostro.
Il Bilancio dello Stato è di circa 1000 miliardi e di questi ben 940 riguardano stipendi, salari e pensioni, e comprendono interessi passivi per circa cento miliardi. Non ne restano molti per gli interventi annunciati.
Tra questi è stata annunciata la conferma per il 2025 degli sgravi fiscali e contributivi già in essere quest’anno. L’onere previsto è di almeno 15 miliardi. Anche per la sanità si prevedono interventi urgenti per 8 miliardi, e così le spese per la difesa, inevitabili da quando le guerre in Ucraina e nel Mediterraneo fanno ritenere urgente dotarci di un esercito efficiente. Altri 10 miliardi.
Gli altri obiettivi di finanza pubblica, se non vogliamo fare solo i ragionieri, li conosceremo a settembre quando si dovrà pensare anche alla riduzione del debito. Sin da ora è facilmente prevedibile che servirà una manovra di bilancio per fare fronte al fabbisogno. Minori spese o maggiori imposte?
Poi ci sono le variabili esterne, su tutte il PNRR. Ma anche qui dopo tagli, rientri, previsioni per comuni, province e regioni siamo in ritardo con la messa a terra dei progetti e ancora una volta chiediamo un rinvio dei termini irritando i Paesi del nord Europa. Ma è mai possibile, si chiedono, che l’’Italia sia sempre in ritardo nell’utilizzo dei fondi europei?
Torna alla memoria un episodio al tempo di Albertino Marcora, Ministro della agricoltura, che vedendo sfumare i fondi europei per il rimboschimento della Calabria si rivolse agli amministratori del tempo minacciandoli di far venire i ragazzi della Germania dell’Est a lavorare in Aspromonte.
Altro che burocrazia digitalizzata, siamo sempre alla firma che manca, ai visti di conformità, ai ricorsi al TAR, ai sub-appalti, alle aste al ribasso. Per raggiungere la crescita dell’uno per cento del PIL, come prevede il governo, dovremmo spendere a valere sui fondi europei almeno quaranta miliardi. Ad aggi siamo a meno della metà, e nel 2026 si chiude tutto.
Guido Puccio