Migliaia di palestinesi sono in fuga dal campo profughi di Jenin dopo che l’esercito israeliano ha lanciato la più violenta azione militare degli ultimi vent’anni nella Cisgiordania occupata.
Nel campo di Jenin vivono circa 18 mila persone ristrette in un’area non più ampia di mezzo chilometro quadrato. Un terzo di loro, adesso, sta cercando accoglienza nelle scuole e in altri rifugi nella città di Jenin. I responsabili della Mezzaluna Rossa palestinese si aspettano che l’esodo continui visto che tutto fa ritenere che l’intervento dell’esercito di Israele l’operazione possa durare ancora svariati giorni. Il bilancio dei morti tra i palestinesi è di nove morti e di dozzine di feriti.
Grande la preoccupazione degli Stati Uniti e dei paesi arabi, in particolare di Giordania, Egitto ed Emirati Arabi Uniti che hanno normalizzato le loro relazioni con lo Stato ebraico, che l’operazione in corso possa trasformare tutta Jenin in una zona di guerra. Le organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite che seguono i rifugiati lanciano grida di allarme sulle conseguenze per la popolazione che si trova a fronteggiare una forte carenza di cibo, acqua potabile e latte in polvere.
L’intervento israeliano è diretto contro le centinaia di combattenti armati palestinesi che fanno parte delle milizie di cui Hamas, della Jihad islamica e di Fatah e che confermano le forti difficoltà da parte dell’Autorità palestinese ad esercitare l’azione di governo. In molti, così, sottolineano la debolezza delle forze di sicurezza palestinesi ufficiali praticamente sostituite in tutto e per tutto della Brigata Jenin composta da uomini armati di diverse fazioni accusate da Israele di aver portato numerosi attacchi terroristici contro cittadini ebrei dopo il deteriorarsi della situazione nell’ultimo anno e mezzo.
Nella sola metà di quest’anno 133 palestinesi sono rimasti uccisi nella Cisgiordania,