Il Ddl di ratifica dell’accordo sui migranti tra Italia e Albania è stato approvato dalla Camera dei deputati con 155 voti a favore e 115 contrari, oltre a due astenuti. Con l’approvazione anche dell’altro ramo del Parlamento, l’intesa siglata a novembre del 2023 dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarà resa definiva.
Saranno costruiti in Albania due centri destinati ad effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio dei migranti soccorsi in mare dalle navi italiane fino a limite massimo di 36.000 all’anno. Quindi la maggioranza “ tira diritto…” come amano commentare i nostri; ma verso dove?
A parte le rilevanti questioni politiche e morali che l’accordo suscita, di cui abbiamo già ampiamente trattato nei precedenti interventi (gli attacchi al diritto di asilo, la disparità di trattamento tra i profughi ucraini e quelli del Sud del mondo, violazione del diritto internazionale umanitario eccetera), vi sono non poche fondate ragioni di ordine costituzionale per dubitare della sua bontà.
Anzitutto è la stessa Corte Costituzionale albanese, che dovrà pronunciarsi entro marzo, a mettere in discussione la legittimità dell’accordo. Ma sarà anche la nostra Corte Costituzionale che prima o poi dovrà occuparsene sotto vari profili tra cui, il più rilevante, riguarda il diritto di asilo tutelato dalla nostra Costituzione.
L’art.10 Cost. riconosce il diritto d’asilo in Italia (non in Albania). L’art.117 Cost. stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva sul “ diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea “ e impone il rispetto degli obblighi internazionali ( Convenzione di Ginevra del 1951 e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo). L’Italia che soccorre in mare i migranti con navi della Marina militare o della Guardia costiera è la sola responsabile delle eventuali violazioni delle convenzioni internazionali e a nulla giova che i migranti soccorsi li porti in Albania.
Ma il protocollo d’intesa non chiarisce chi dovrà occuparsi della domanda di asilo del migrante soccorso in mare dalla nostra Marina militare. Si tratta di una procedura complessa che sarà impossibile attuare a bordo di una nave nelle condizioni difficili facilmente immaginabili. Le navi della Marina militare o della Guardia costiera sono territorio italiano ed lì che scatta la possibilità della richiesta di asilo e il respingimento è vietato.
Ora non vi è dubbio che l’Albania è un paese terzo dove l’Italia non ha giurisdizione. L’idea di traslare la giurisdizione italiana in Albania ha un elevato grado di fantasia giuridica. L’esternalizzazione non è possibile perché le direttive della UE si applicano solo alle richieste di asilo che vengono presentate e istruite sul territorio italiano e l’autorità competente è il Prefetto che non ha alcuna competenza in Albania. Insomma, non è azzardato affermare che la via intrapresa conduce alla negazione del diritto di asilo.
Poi ci sono i diritti dei più deboli da tutelare, minori non accompagnati e donne in gravidanza. Il governo si è impegnato a non portarli in Albania, ma non è affatto chiaro come sarà possibile accertare l’età dei coinvolti nelle precarie condizioni in cui ci si troveranno durante i soccorsi. E come si potrà accertare a bordo di navi militari lo stato di gravidanza in quei casi in cui la donna è ai primissimi mesi?
Il costo di questa scellerata operazione, infine, si aggira sui 700 milioni. Una montagna di denaro speso per far soffrire ulteriormente persone già sofferenti quando, invece, potrebbe essere utilizzato per migliorare e organizzare l’accoglienza in Italia.
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