Finiti finalmente i lavori in Albania per la realizzazione, a Schengjin e a Gjiader, dei due centri di raccolta e di identificazione dei migranti salvati in mare, è partita la prima nave con un carico di egiziani e bengalesi recuperati in acque internazionali su alcuni barchini. Giungeranno domani in Albania senza aver visto neppure da lontano le coste italiane. Sono appena 16 i primi migranti a sperimentare…
Si è avviata così la scommessa sul funzionamento dei centri albanesi, ma le autorità di Tirana si limiteranno ad occuparsi solo della sicurezza esterna dei centri che sono suddivisi in tre settori. Uno per l’esame delle richieste di asilo, l’altro per quanti saranno trattenuti in attesa di espulsione e rimpatrio, l’ultimo, per soli venti posti, sarà un carcere vero e proprio.
Il costo delle strutture pare sia vicino al miliardo di euro. Cui andranno aggiunti tutte le spese di gestione, le somme da versare all’Albania per le operazioni di controllo esterno citate, gli oneri per il trasferimento dei migranti, quelli dei mediatori culturali, dei traduttori, degli avvocati, dei magistrati, delle forze di polizia e carceraria, del personale medico e di quanti altri, ovviamente tutti italiani in trasferta, dovranno assicurare lo svolgimento delle operazioni di verifica della esistenza di diritti da parte dei migranti. Qualcuno ha provato a raggiungere un totale?
Resta da chiarire per quanti mesi ciascun migrante vi resterà confinato nei centri che dovrebbero contenere, a regime, duemila persone al massimo. L’obiettivo iniziale era quello di sbrigare tutte le pratiche necessarie nell’arco di un mese, ma tutti sono consapevoli che non sarà così nella maggioranza dei casi, salvo violare i diritti dei reclusi, perché abbiamo sentito valutazioni che, con più realismo, parlano mediamente di 18 mesi. E, quindi, quanti migranti vi finiranno? Bisognerà, alla fine, fare una valutazione tra costi e benefici salvo che non emergano problemi più importanti, così come accaduto finora in tanti centri simili organizzati in Italia.
Una vera e propria scommessa, dunque, in relazione alle ingenti spese a fronte di risultati che potrebbero rivelarsi davvero modesti. Cosa che fa parlare a molti di un inutile spreco di risorse.
Intanto, Amnesty International segnala svariati rischi legati a questa scommessa italiana tra cui quelli della violazioni del diritto alla vita e all’integrità fisica delle persone in pericolo in mare; di violazioni dei diritti dei minori sopravvissuti alla tratta e alla tortura e altri individui bisognosi di cure specifiche; di violazioni del diritto alla libertà personale; di detenzione arbitraria; di violazioni del diritto di asilo e delle relative garanzie procedurali. Per una lettura più approfondita CLICCA QUI, così come per sottoscrivere l’appello di Amnesty International ” Noi stiamo con i rifugiati”.