La storia ignorata del nostro passato è sempre utile a farci vedere e toccare con mano la anormale normalità quotidiana che tranquillamente accettiamo e comunque non riusciamo a distinguere. Incredibile rileggere oggi, a un mese dalle elezioni europee del 2024, il vecchio testo del comma 3 dell’ art. 138 del Trattato che istituisce la C.E.E. del 1957 si scrive: “L’Assemblea [della CEE] elaborerà progetti intesi a permettere l’elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri.”
Nel 1957 esisteva una Assemblea Parlamentare Europea ( non ancora un Parlamento europeo) designata dai Parlamenti nazionali con deputati dotati ovviamente allora di doppio mandato- nazionale ed europeo- e già si pensava per le future elezioni ad una procedura elettorale uniforme che, sessantasette anni dopo, ancora non esiste ! ( esistono solo principi comuni)
Certo oggi nessuno degli Stati membri dell’ UE arriva ai casi estremi dell’Italia con un presidente del Consiglio candidato con tanto di ministri al suo seguito e con altri candidati strani talvolta “folcloristici”. Ma questa anomalia italiana è tranquillamente consentita dalle regole e dalle istituzioni “europee” che evidentemente tollerano che le elezioni europee siano di fatto ancora elezioni nazionali e non sono così attente al problema della democrazia elettorale come lo sono per la disciplina di bilancio per gli Stati con debito pesante .
Come ha osservato anni fa l’OCSE ( OCSE, Office for Democratic Institutions and Human Rights, Election to the European Parliament 4-7 June 2009. Expert group report, Warsaw, 22 September 2009 ) , è come se non esistesse ancora una vera e propria elezione “europea.” Esistono invece “ventisette elezioni essenzialmente distinte tra loro per un corpo sovranazionale…caratterizzate da una notevole diversità di regole, procedure e pratiche”. La sommatoria delle ventisette elezioni separate di fatto non produce di per sé alcun impulso unitario, che viene invece realizzato con le alchimie delle convergenze ed accordi di opportunità, tra gruppi di Stati ( Visegrad, “Frugali”, Mediterranei ecc.).
La democraticità delle elezioni- come ben mostrano le autocrazie che esibiscono sempre un grande e materialmente “libero” consenso elettorale- non è connessa al solo atto di inserire liberamente e segretamente una scheda con la propria scelta nell’urna elettorale. Ma essa va misurata sull’esistenza di un confronto di veri programmi contrapposti, nel nostro caso sulla sincronicità e convergenza delle ventisette campagne elettorali, e quindi sulle omogeneità delle normative che concernono non solo l’elettorato attivo e passivo, ma sulle modalità di presentazione delle liste, modalità e tempistica di presentazione delle candidature e caratteri della scheda elettorale ( vincolo non ancora esistente di una scheda con puri contrassegni comuni europei), disciplina delle incompatibilità e delle ineleggibilità e via dicendo. Non basta certo ad uniformare il tutto il sistema elettorale proporzionale.
Perché stupirsi allora del ruolo marginale di un Parlamento che è sì co-legislatore, ma che, a differenza credo di tutti i Parlamenti del resto del mondo, non ha se non in misura ridotta e assolutamente marginale veri e propri poteri di iniziativa legislativa?
Certo l’ Italia ha una situazione estrema per certi aspetto folcloristica ma perché non osservare mai i “difetti” i “deficit” le incompiutezze gravi, le contraddizioni che sono anche nelle regole europee ( e non solo nei paesi mediterranei) che poi giustificano l’astensionismo regolarmente cresciuto dal 1979 al 2019, quando la partecipazione è improvvisamente risalita oltre il 50% ( 50,9%), non per il voto giovanile,come qualcuno ha sostenuto, ma per la crescita di partecipazione al voto di una parte soltanto dell’ Europa, vale a dire di quella più investita dai neo nazionalismi- e nei fatti dall’imminente ritorno della guerra ai confini europei- di Polonia, Romania, Ungheria, Cechia, Croazia, Slovenia, Lettonia, Lituania.
Quale forza politica in campo denuncia questi difetti e dichiara apertamente di voler perseguire ufficialmente la applicazione delle misure urgenti per democratizzare le elezioni del Parlamento europeo, per dare veramente voce comune ai popoli europei, per evitare che nelle urne magari prevalga o si allarghi l’idea di una “Europa con l’elmetto”? Sarebbe utile saperlo, oggi prima del voto.
Umberto Baldocchi