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Mons Antonio Di Donna: “Noi cattolici irrilevanti in politica, è un vuoto tragico ma c’è speranza”

Mons Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra e Presidente della Conferenza episcopale della Campania, è intervenuto su Repubblica Campania con il seguente articolo sulla presenza dei cattolici in politica

Sono passati 80 anni dal “Codice di Camaldoli” che tracciò le fondamenta della Democrazia cristiana, e 30 anni dall’assemblea dell’Eur che ne decretò la confluenza nei Popolari. Può essere, quindi, opportuno riflettere sulla rapida dissoluzione da cui il “cattolicesimo democratico” non si è mai veramente risollevato.

Riflettere non tanto sulle cause (compito, questo, dello storico) ma sul “vuoto tragico” che quella dissoluzione ha creato nell’impegno politico dei cattolici. Parlo di “vuoto tragico” per due ragioni.

In primo luogo perché l’attuale situazione di “diaspora” (o, come qualcuno ama dire, di “ordine sparso”) dei cattolici in politica non è soddisfacente. Dispersi tra soggetti politici di altro orientamento ideologico, i cattolici faticano a portare un loro specifico contributo ai principali temi dell’agenda politica, finendo, di fatto, per mostrarsi irrilevanti o, peggio, afoni.

Sia chiaro: non è possibile riproporre oggi la stagione dell’unità politica dei cattolici. Ma penso ai vari tentativi compiuti in questi decenni di ricomporre in qualche modo quell’unità. Penso, soprattutto, alla proposta formulata da monsignor Gastone Simoni, vescovo di Prato, il quale, pur accettando la diaspora, ipotizzava forme di coordinamento tra i cattolici presenti nei diversi schieramenti politici almeno quando sono in gioco valori irrinunciabili.

Parlo, inoltre, di “vuoto tragico” perché l’attuale situazione pone, almeno per chi continua a crederci, conflitti di coscienza soprattutto al momento delle elezioni politiche, perché il cattolico non si sente rappresentato pienamente in nessuno degli schieramenti in campo: per usare categorie ormai logore, non si sente rappresentato dallo schieramento “di destra” che, talvolta strumentalmente, porta avanti la difesa della famiglia e dei valori eticamente sensibili, né si sente rappresentato dallo schieramento “di sinistra”, che porta avanti battaglie relative ai valori sociali ma non l’attenzione ai valori della vita e della famiglia.

Diversi anni fa Giuseppe Dossetti, il quale aveva fortemente contribuito alla nascita del cattolicesimo democratico e poi si era ritirato come monaco nell’Eremo di Monte Sole, scese dall’eremo in città, sia per difendere la Costituzione italiana che era minacciata, sia per lanciare un avvertimento profetico ai cattolici impegnati in politica.

Egli, constatato il fallimento (morale prima che politico) della Dc, invitò i cattolici a “ricominciare a prepararsi” ed a farlo per “i vent’anni a seguire”. Non fu ascoltato. Si scelse un’altra strada, quella voluta da Ruini, che oggi è possibile giudicare alla luce dei frutti che ha prodotto. Ed eccoci qui, con un certo pessimismo, a pensare che, dopo Mattarella (forse uno degli ultimi rappresentanti del cattolicesimo democratico), per quest’ultimo soggetto non ci sarà futuro.

Provo a raccogliere la profezia di Dossetti a ricominciare a prepararsi “per i prossimi venti anni” (e forse sono ottimista). Del resto, non dimentichiamo che i protagonisti di quella stagione si formarono nei lunghi inverni degli anni tra le due Guerre mondiali e il loro impegno fu il frutto di quella lunga semina.

Ricominciare a prepararsi, dal momento che probabilmente l’inverno sarà lungo e la strada sarà tutta in salita, perché non ci sono attualmente condizioni favorevoli. E provo ad esemplificare quali sono queste condizioni non favorevoli per costruire un serio impegno dei cattolici in politica.

Innanzitutto, perché ci sia un serio impegno politico occorre creare il necessario retroterra culturale. Ora, si consideri che oggi, di fatto, non ci sono più, o almeno sono deboli, quelle associazioni cattoliche che costituirono il retroterra culturale di cui parlo, quali l’Azione cattolica, i Laureati cattolici, la Fuci, etc … e l’attuale tessuto ecclesiale o si presenta sfilacciato oppure produce rari frutti per l’impegno politico dei cattolici. Ottimi frutti per il volontariato e la carità, ma scarsi frutti per quella forma più alta di carità che dovrebbe essere la politica.

Inoltre, nell’attuale formazione ordinaria dei cattolici (predicazione, catechesi, cammini di fede …) entra poco la Dottrina sociale della Chiesa; è ignorato sistematicamente, almeno nella stragrande maggioranza dei cattolici italiani, il magistero sociale della Chiesa (si pensi solo alle grandi encicliche sociali quali la Pacem in terris, la Populorum progressio, la Laborem exercens, fino alle recenti Laudato si’ e Fratelli tutti). E che dire dei fondamenti filosofici e spirituali che fondano l’impegno dei cattolici in politica, quale ad esempio, fu il personalismo di Maritain e di Mounier? Anzi persistono ancora tra i cattolici vaste sacche di resistenza a coniugare fede cristiana e impegno socio-politico. Molti ritengono che la fede debba limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. Ci sono quelli che ritengono che la fede debba essere relegata alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale, e senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini. L’impegno per la Polis, la pace, la giustizia e la custodia del creato vengono ritenuti estranei alla fede cristiana. Non è raro che quando nella predicazione e nella catechesi si tenta di incarnare la fede in questi mondi si accusa chi lo fa di “fare politica”, e di ingerenza indebita nella vita dello Stato.

Ancora, l’inverno sarà lungo perché attualmente i cattolici sono divisi, tra chi, da una parte, porta avanti solo i valori della persona e della famiglia e chi, dall’altra, solo i valori cosiddetti “sociali”. Vige, di fatto, l’aut aut invece che, secondo l’etimologia di “cattolico” (universale), quella dell’et et. Finché l’impegno per la giustizia, la pace, la custodia del creato ecc … sarà “di sinistra” e portato avanti dai cattolici cosiddetti “progressisti” e l’impegno per la famiglia e la vita sarà “di destra” e riservato ai cattolici cosiddetti “tradizionalisti”, la Chiesa sarà divisa e i cattolici continueranno a farsi del male a vicenda. Una cosa è avere una maggiore sensibilità per l’una o l’altra dimensione etica cristiana, e un’altra cosa è assolutizzare una sola delle due dimensioni, trasformando inevitabilmente l’appartenenza cattolica in una battaglia degli uni contro gli altri.

C’è ancora un’altra condizione non favorevole: bisogna recuperare la visione cristiana della vita che trent’anni del modello berlusconiano hanno affossato. Intendo per “modello berlusconiano” quel modello liberistico fondato sull’individualismo e non sulla persona e sulla comunità. Creando le Tv commerciali, quel modello ha cambiato il costume degli italiani, legittimandone non solo tutti i comportamenti, ma accelerando la forma dell’individualismo.

L’inverno sarà lungo perché sembra che, di fatto, non sia più la politica a determinare il governo delle cose ma lo strapotere dell’economia e delle grandi lobbies finanziarie. Ormai è evidente la sottomissione della politica all’economia e alla finanza: «È vero che oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi» (Laudato si’, 196).

Infine, sarà un lungo inverno perché l’educazione all’impegno politico richiede, prima ancora, l’educazione alla legalità, contro le piaghe antiche della corruzione, del clientelismo e dello scarso senso dello stato presenti ancora nelle nostre comunità.

Ma non tutto è perduto e non possiamo rassegnarci alla situazione attuale. Al pessimismo della ragione fa riscontro la speranza cristiana. Se in quella stagione di tanti anni fa cattolici della statura di Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Aldo Moro, ecc …, di alcuni dei quali la Chiesa ha avviato il processo di beatificazione, si impegnarono in politica, dando un notevole contributo alla società italiana, c’è ancora speranza che, anche senza ripetere quella forma di impegno (il cattolicesimo democratico), i cattolici possano avere ancora un ruolo fecondo nella costruzione della città degli uomini. Insomma, c’è ancora molto spazio per cattolici “santi” in politica.

mons Antonio Di Donna

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