Per comprendere appieno i cambiamenti in atto nelle democrazie europee è necessario partire da una costatazione troppo spesso dimenticata e che la diffusione di atteggiamenti illiberali mette chiaramente in luce: la non irreversibilità della conquista democratica.
I saggi pubblicati nel volume Democrazia e liberalismo: un connubio da ripensare?, frutto di una ricerca promossa dall’Istituto di studi politici San Pio V, prendono avvio proprio da tale considerazione, come chiarisce nell’introduzione il suo curatore Antonio Campati. Nonostante i contributi sviluppino aspetti differenti della crisi del “connubio” tra democrazia e liberalismo, si coglie in ciascuno di essi la consapevolezza che i processi politici non sono determinati una volta per sempre ed è perciò compito dello studioso tentare di distinguere i cambiamenti effimeri e contingenti da quelli profondi e duraturi.
Al termine della guerra fredda, la speranza di vedere un mondo sempre più democratico appariva solida e incontrovertibile. Oggi dobbiamo constatare che tale speranza è stata in buona parte disattesa. Ivan Krastev e Stephen Holmes spiegano quanto accaduto in seguito alla caduta del Muro ricorrendo all’immagine del pigmalione: un elegante precettore insegna le buone maniere ad una giovane e rozza fioraia, ma, dopo qualche anno, la rozza fioraia, invece di trasformarsi in una elegante dama, assume le fattezze di Frankenstein e l’ottimismo di un futuro consegnato ai valori di libertà, di uguaglianza e di fraternità si scontra con una realtà che si manifesta in tutta la sua crudezza, assumendo i tratti del terrorismo, del populismo e del sovranismo. In
pratica, la “società aperta”, presunta tappa definitiva della storia, immaginata da Francis Fukuyama si sarebbe potuta solo diffondere ulteriormente e, invece, così non è avvenuto.
Possiamo affermare che, nel giro di tre decadi, una tale speranza sia stata travolta, mostrando la sua inconsistenza e l’inadeguatezza dei suoi valori? Credo che la risposta possa essere no. I valori sono tali non perché certificati da
un’agenzia; i valori sono tali solo e soltanto nella misura in cui vengano apprezzati e qualcuno sia disposto a pagare un prezzo per la loro difesa e promozione.
[…] In breve, l’anima della democrazia è il suo pluralismo, il metodo che l’ha modellata fino ai nostri giorni è quello fallibilista del procedere per tentativi ed errori. Il fatto che in ampi settori della cultura e della politica occidentali sia prevalsa l’idea che la vittoria sul sistema socialista potesse indicare la fine stessa della storia avrebbe significato l’abbandono del pluralismo e l’assunzione della nozione di egemonia; una mutazione genetica che avrebbe portato la democrazia a presentarsi con la stessa arroganza e fallacia metodologica con le quali il socialismo si era imposto e per le quali è fallito, mostrandosi disumano e incapace di imparare dai propri errori.
Krastev e Holmes associano tale dinamismo al cosiddetto approccio mirroring (rispecchiamento), rivelatosi una delle armi geopolitiche più sofisticate ed efficaci dai tempi della Guerra Fredda. Il rispecchiamento è la raffigurazione distorta dei caratteri del proprio avversario, al punto da restituirgli un’immagine così immonda di sé da far inorridire i suoi stessi simpatizzanti che, per reazione, iniziano a solidarizzare con il nemico, mettendo in discussione la propria democrazia rappresentativa.
Le democrazie liberali sono così costrette a fare i conti con i danni di una democrazia ridotta a procedure, assimilata per imitazione e ora rispedita deformata al mittente e utilizzata come arma di propaganda contro la stessa democrazia liberale; un autentico brutale capolavoro quello compiuto dalle autocrazie e un suicidio imperdonabile quello posto in essere dalle democrazie liberali.
Essersi illusi di aver tagliato il traguardo della storia, oltre il quale non sarebbe stato immaginabile andare e dal quale non si sarebbe potuto retrocedere, se non espandendo la propria egemonia per imitazione della struttura istituzionale, credo abbia rappresentato il più alto tradimento dei valori democratici, una mutazione genetica che è alla base della ragione per cui oggi siamo così incerti, avendo fatto entrare nella nostra cittadella democratica, antiperfettista e fallibilista, il cavallo di Troia delle democrazie illiberali.
Flavio Felice
Pubblicato su Avvenire