Oramai, Netanyahu c’ha fatto capire come sia capace di tutto. Si è infilato nella guerra della vita, della sua vita. E così tiene in ostaggio Israele, ma anche Stati Uniti e, in parte, l’Europa. Intanto, c’è chi ne approfitta e parla dell’apparire in maniera irreversibile di un nuovo “ordine mondiale”. Come ha ripetuto ancora una volta Vladimir Putin, in occasione dell’incontro di ieri con il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran.

La Russia continua così a recitare il ruolo del “convitato di pietra” del Medio Oriente. Si tiene stretta la Siria di Assad e stringe rapporti sempre più intrecciati con Teheran che, nel corso degli anni, ha realizzato una vera e propria cintura che passa dall’Iraq, dalla Siria e giunge fino alle coste mediterranee del Libano, paese in cui conta sulla forza degli Hezbollah.

E’ chiaro che Israele si sente, così, accerchiato. Soprattutto oggi che, ad un anno dall’attacco terroristico di Hamas, il Patto di Abramo con i paesi arabi a forte maggioranza sunnita non solo non pare operativo, ma sembra addirittura  rinviato a chissà quando, e a come. Fino a quando resterà aperto il conflitto in atto a Gaza, e dopo l’intervento israeliano in Libano, la risistemazione del quadro Medio orientale come lo aveva pensato Donald Trump resta una vera e propria chimera. Tanto più che anche la Cina ha appena fatto sentire la propria voce contro le ultime gesta di Netanyahu.

Lo scontro con i palestinesi sembra riproporre in qualche modo la divisione del mondo già sperimentata con la Guerra fredda? In un certo senso: sì. Con delle grandi differenze, però. E soprattutto a causa del modus operandi che Netanyahu ha imposto al suo paese, il quale apre profonde crepe nelle opinioni pubbliche dei paesi occidentali e fa diventare Israele motivo di divisione a livello mondiale.

Ma è questo ciò di cui hanno bisogno gli israeliani e i loro alleati occidentali? Giovano davvero allo Stato ebraici le distruzioni di Gaza, sotto le cui macerie sono stati raccolti oltre 40 mila morti ed un numero ancora più alto di feriti? E dove tra i morti e i feriti, le donne e i bambini rappresentano una percentuale altissima e inaccettabile.

Netanyahu è stato finora sordo ad ogni invito alla moderazione e all’avvio di serie trattative. Ed ha così fatto abbondantemente dubitare che il suo obiettivo fosse davvero quello di liberare gli ostaggi sequestrati da Hamas e fare in modo che l’ala militare che controlla Gaza non sia più in condizione poter colpire tanto duramente quanto ha fatto il 7 ottobre. Il prezzo pagato, però, è sotto gli occhi di tutti. E a niente sono servite le pressioni anche da parte di paesi amici. Per non parlare, poi, delle risoluzioni dell’Assemblea dell’Onu che Israele continua ad ignorare contando sui “veto” degli Stati Uniti e la “tiepidezza” degli europei.

L’intervento nel Libano costituisce una grave violazione del Diritto internazionale perché siamo platealmente di fronte all’aggressione di un paese sovrano. Ne più ne meno simile a quella condotta dalla Russia a danno dell’Ucraina. A maggior ragione è grave dopo che abbiamo visto come le truppe israeliane non esitino neanche a colpire, e ripetutamente, “incidente” dopo incidente, strutture e uomini delle Nazioni Unite dislocate da decenni in Libano a cavallo della linea di confine con lo Stato ebraico. A poco servono le evidenti bugie dei militari israeliani che provano a giustificare l’ingiustificabile.

E’ chiaro, comunque che la situazione mediorientale persiste e si complica sempre di più a causa della debolezza dimostrata dagli alleati statunitensi ed europei che continuano a fornire armi ad Israele. Sono loro, e quindi siamo anche noi, a perdere la faccia dinanzi al mondo. Quel mondo verso il quale molti occidentali sono davvero convinti di dover “esportare” democrazia e diritto.

Crea imbarazzo ascoltare il Ministro della Difesa statunitense, Lloyd James Austin, invitare Israele a non colpire le forze Onu dell’Unifil, tra cui quelle italiane, sorvolando sull’invasione di un paese sovrano e sui bombardamenti indiscriminati che, anche dentro i confini libanesi, inclusa la capitale Beirut, uccidono e feriscono civili indifesi ed innocenti. Anche il Presidente Biden è finalmente uscito dal torpore per chiedere con fermezza a Israele di rispettare le forze dell’Onu. Ovviamente, lo aspettiamo ad una eventuale prova nel caso il Consiglio di Sicurezza si decidesse ad esigere da Netanyahu il ritiro dal Libano. Probabilmente, assisteremo al cadere la mannaia del veto statunitense…

L’unica strada per vedere se è possibile costringere Israele a liberarsi di Netanyahu è quella di non fornire più armi e valutare la possibilità di cominciare ad adottare sanzioni che suonino come monito per chi intende continuare a non risolvere la questione palestinese, o a volerla risolverla con la definitiva spoliazione della Cisgiordania e di Gaza.

Continuare a perdere la faccia per Netanyahu? Questa la domanda che si devono porre gli israeliani, gli americani, ma ce la dobbiamo porre anche noi.

Giancarlo Infante

 

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