Ci siamo ristretti. Da Primo Carnera, il gigante di Sequals, campione del mondo dei pesi massimi e testimonial del Duce negli States, siamo passati alla più contenuta stazza, si fa per dire, di Pupo.
Non si capisce se, con la conferenza-stampa che la Meloni – Giorgia per gli amici – ci ha propinato da Montecitorio, l’ Italia si stia preparando al referendum sulla riforma costituzionale o piuttosto al “Cantagiro”.
Con ogni probabilità non abbiamo ancora toccato il fondo del barile e possiamo, dunque, attenderci di peggio.
Ma già così non c’è male. Quando si va a sbattere o si fa “splash”, e si resta stecchiti al suolo, oppure la botta si risolve in un rimbalzo e magari da lì si può perfino risalire.
La speranza è l’ultima a morire. Confidiamo, dunque, che, per la qualità del nostro discorso pubblico ad un mese dal voto, sia buona la seconda. Ma è lecito dubitarne.
Ci stiamo infilando in un confronto surreale ed è la stessa sinistra, paradossalmente – ma non c’è da stupirsene – ad eleggere , a suo modo, Vannacci a campione e cardine di una campagna elettorale insensata.
L’invettiva e l’insulto, la denigrazione, la derisione e il disprezzo sono le posture prevalenti che mascherano il sentimento di fondo – una miscela di livore, rancore, odio – che sta avvelenando l’Italia.
La politica – ed è, a maggior ragione, preoccupante a due passi da una consultazione che europea – é deliberatamente divisiva, determinata a lacerare il Paese, quasi che il consenso di un popolo disamorato lo si possa raccogliere solo a brandelli.
Il ricorso alle icone popolari della canzone, del cinema, dello sport – ridicolo per un verso, per altro verso patetico – ha comunque un valore simbolico preoccupante e per niente da sottovalutare.
Siamo alla quintessenza del populismo.
Suggerisce come alla fatica della ragione critica che sa di argomenti e di programmi, di analisi e di proposte, si voglia sostituire l’ alea emotiva, la cattura mediatica del consenso.
Insomma, c’è aria di regime, somministrato inizialmente a dosi omeopatiche, eppure crescenti, ma con progressione cadenzata, in modo che gli italiani si rifacciano il palato e via via si adattino al passo.