Non è più neppure guerra. E’ terrorismo di Stato. Si susseguono i lanci di missili nel Donbass. Anche contro piccoli paese, senza alcun rilievo strategico, contro i condominio. Cos’, registriamo quindici morti, tra cui un minore ed altri tuttora sepolti sotto le macerie. Il furore di Putin si scatena contro quelle stesse popolazioni che, in quanto russofone o addirittura filo-russe, sostiene di voler liberare dal giogo nazista dell’Ucraina.
Siamo di fronte ad un conflitto che, paradossalmente, tanto più si autoalimenta, quanto più non ha alcuna motivazione chiara ed esplicita, reale o plausibile e, in ogni caso, ove siano quelle che possiamo immaginare, ragioni già sconfitte. Un conflitto sostenuto dall’odio di cui è intriso, cioè segnato da una forma di sadismo, nel senso proprio del termine. Il piacere incontenibile, orgasmico di provocare dolore e sofferenza. Quando Putin, dopo aver letteralmente polverizzato paesi e città, dopo aver gettato, come un dio goloso di sacrificio umano, nella fornace della guerra, decine di migliaia dei suoi giovani soldati, sostiene, in modo beffardo, che in Ucraina non ha ancora cominciato a fare sul serio, restiamo sbalorditi al cospetto di un’umanità stravolta.
E’ credibile che dietro una tale follia ci sia tuttora un disegno che abbia un qualche profilo strategico o una finalità politica o non sia, invece, l’avvitamento involutivo di un leader e di un gruppo dirigente che, di fatto, ha perso il controllo razionale degli eventi ? Il ricatto del terrore va a completare il quadro totalizzante di una guerra che al conflitto armato sul campo, sovrappone la guerra della comunicazione, quella energetica e quella alimentare. Quest’ultima pare, addirittura, passare anche attraverso la distruzione delle coltivazioni, prima che del raccolto. A questi versanti, si va ad aggiungere la guerra psicologica, l’ attacco più vigliacco e più subdolo alla straordinaria capacità di tenuta morale fin qui mostrata dal popolo ucraino.