Ieri abbiamo forse capito meglio i motivi della decisione della settimana scorsa cui è giunto Mario Draghi di dimettersi. Sembrava motivata esclusivamente dal comportamento di Conte e della pattuglia rimasta di quelli che continuano a chiamarsi 5 Stelle. In realtà, al Senato abbiamo sentito un Draghi pienamente avvertito di tutte le ambiguità, da noi ricordate anche ieri (CLICCA QUI), che non riguardavano solamente i diversi spezzoni in cui si è suddiviso il Movimento fondato da Beppe Grillo.
Il centrodestra, che finora ad ora era stato un giorno unito e quello dopo diviso tra la parte governativa e quella contraria a Draghi, ha deciso di puntare sulla carta delle elezioni anticipate. Lo ha fatto smentendo tutti i peana innalzati ad un Draghi celebrato dome demiurgo ed unico caposaldo del Paese. In realtà, lo hanno pugnalato alle spalle e senza assumersene neppure esplicitamente la responsabilità, ma solo giocando con la tecnica parlamentare di non partecipare al voto e senza offrire un’alternativa progettuale al Paese. Il modo ancor di più mi offende, potrebbe pensare ogni italiano obiettivo e raziocinante.
Il dibattito di ieri al Senato ha impressionato per la pochezza, per la mancanza di spessore dimostrata da tutte le forze politiche. A conferma di quel che diciamo da un pezzo sull’encefalogramma piatto di tutti coloro che formano la classe politica nazionale. Si è realizzato esattamente quello che voleva Grillo: aprire il sistema politico come una scatoletta. Peccato che un Paese ha pure bisogno di sapere cosa si farà dopo.
Ma che cosa incasseranno questi del centrodestra? Al di là delle apparenze, Matteo Salvini è uno degli sconfitti di ieri. Si è consegnato mani e piedi a Giorgia Meloni e bisognerà vedere come rattopperà una situazione interna alla Lega non appena giungeranno le conseguenze concrete per aver deciso per la fine del Governo Draghi. Anche se da Giancarlo Giorgetti, da cui tante anime candide si sono aspettate chissà che cosa, si è limitato a chinare la testa e a poche parole di circostanza. Ma tutti costoro pensano davvero che la fine del Governo Draghi non avrà conseguenze in un quadro d’interconnessione sempre più stretto con le dinamiche europee?
Tutto un discorso a parte meriterebbe Silvio Berlusconi, venuto definitivamente meno a tutti i suoi discorsi sul centro, sulla ragionevolezza e sulla moderazione. Ma vale la pena persino di parlarne?
Giorgia Meloni sarà contenta di andare alle elezioni in autunno quando l’attenzione di tutti dovrebbe essere rivolta a ben altro. Ci dice che sa già governare … Quando l’ambizione obnubila c’è poco da fare e, in ogni caso, vediamo quanto dura. Perché la durezza e la complessità dell’arte del governo ha ridimensionato nel passato ben altre esaltazioni.
Tra quelli di sinistra ci sarà pure qualcuno che comincerà a porsi il quesito su che cosa serva davvero al mondo del lavoro, ai giovani, alle famiglie che faticano, e faticheranno sempre più, ad arrivare alla fine del mese? Ieri, anche da parte loro non è venuto molto per avere un’idea di futuro.
C’è davvero di che essere preoccupati per le condizioni in cui è sempre più probabile finiremo al voto il prossimo 2 ottobre. C’è davvero da cominciare a preoccuparsi! A meno che non si comincino a creare le condizioni perché populismi e demagogia siano messi in grado di non fare danni. Altro che affidare loro il Paese.
Giancarlo Infante