Nessuno ha interesse a parlare della Sanità nel corso di questa campagna elettorale. Due anni e mezzo di durissima pandemia hanno fatto emergere tutti gli errori compiuti, e da tutti, nell’arco degli ultimi trent’anni nel corso dei quali si è di fatto molto privatizzato, si è sprecato, si è assistito a tante forme di corruzione. Un discorso serio in materia finirebbe per porre al centro dell’attenzione il ruolo delle Regioni. E già solo questo basta a spiegare perché tutti i partiti si sottraggano ad un confronto serio. E allora, si rifugiano nel più semplice delegare tutto al miracolo che dovrebbe giungere grazie al Pnrr.
Invece, la Sanità è uno di quei temi su cui si dovrebbe focalizzare la presenza pubblica di chi tiene a cuore la solidarietà, intende contrastare le disuguaglianze, andando al di là del pietismo di maniera, e davvero mettere sullo stesso piano, e nelle stesse condizioni, tutti i cittadini. Ovviamente, sapendo che puntare ad un’apparente uguaglianza tra disuguali costituisce un’ulteriore fonte di disuguaglianza.
E’ una di quelle questioni, insomma, al pari dell’educazione e del Mezzogiorno, ma tanto altro dovrebbe richiamare l’attenzione degli italiani, su cui anche il gran parlare di questi giorni sull’impegno e la rilevanza dei cattolici in politica potrebbe essere destinato a fare un salto di qualità e a diventare cosa concreta. Anche a definire quella specificità su cui noi sempre poniamo l’accento e, consapevoli delle tante carenze da parte di tutti i partiti, ci fa precisare una nostra necessitata “autonomia”. Un esempio, sotto il versante dell’inflazione, ci è venuto da Daniele Ciravegna (CLICCA QUI) il quale c’ha ricordato che la valutazione sui mezzi per contrastarla costituisce una scelta politica ben precisa. Non richiama solamente i pur importanti elementi tecnici, resi ancora più complicati dal trovarci noi sulla soglia di quella che viene chiamata “stagflazione”, e cioè una situazione in cui con i fenomeni inflattivi si registra il contemporaneo rallentamento dell’economia e dell’aumento della disoccupazione. Sappiamo come l’inflazione possa diventare una tassa più pesante rovesciata sulle spalle dei più deboli e dei più fragili. E, quindi, non la si può affrontare se non ponendosi dal punto di vista di una prospettiva di giustizia sociale e di coesione sociale.
Sulla stessa scia si è mosso Antonio Troisi con la sua disamina sull’attuazione del Pnrr, proprio ragionando da laici, e chiedendoci come l’ispirazione cristiana possa costituire, anche in questo caso, la pietra angolare per la definizione di una politica diversa su di un tema tanto cruciale per il futuro del paese, e cioè ponendoci di fronte ad un “orizzonte comunitario”(CLICCA QUI).
In questi giorni di campagna elettorale, e nonostante esista ancora il problema della pandemia da Covid 19, non sentiamo parlare di Sanità se non come elencazione della “lista della spesa” all’interno delle grandi promesse in cui tutti si cimentano. Eppure, tocchiamo ancora con mano tutte le carenze di un Sistema sanitario nazionale che a fatica, ma grazie alla dedizione di quegli eroi che si sono rivelati medici e infermieri, è riuscito a limitare i danni provocati dal Coronavirus. In ogni modo, per tanti svariati motivi, in Italia ha mietuto oltre 176 mila vittime ed ha disvelate le conseguenze di decenni di tagli, di privatizzazioni di fatto e, soprattutto della mortificazione della medicina territoriale.
Il futuro ci dirà meglio perché la Lombardia, indicata sempre come eccellenza nel settore, abbia fatto registrare il più alto numero di morti, seguita a ruota da Emilia Romagna e Veneto. E’ evidente come non sia questo il momento di tirare le fila perché gli studi epidemiologici sono estremamente complessi e sarà necessario attendere approfondite ricerche anche su aspetti correlati, tra cui quelli sui medicinali utilizzati e sull’uso delle strutture di rianimazione. Ma siamo comunque autorizzati a dire che la nostra Sanità pubblica, anche in caso di eccellenze conclamate, è stata solo un tanto così dal tracollare definitivamente.
Questi tragici due anni e mezzo, che si badi bene hanno colpito altrettanto duramente altre parti del mondo, nei soli Stati Uniti più di un milione di morti ripropongono tutti i limiti di un sistema fortemente privatizzato, non possono che portarci a riflettere su quanto si debba intervenire per trasformare un ambito in cui è sottile il filo tra vita e morte, tra qualità della vita e degrado pubblico del suo significato, in modo da renderlo capace di rispondere all’esigenza sostanziale e democratica di assicurare a tutti, senza eccezione, i più alti standard possibili di quella qualità.
Noi abbiamo affrontato numerose volte la materia (con il sistema di ricerca presente in queste pagine, posto in alto a destra della schermata, e solo per indicare alcuni dei nostri interventi, basta scrivere i nomi di Alfredo Anzani e di Massimo Molteni) e spiace vedere come essa sia sovrastata da banali, noiosi e ripetitivi interventi da parte dei cosiddetti leader di partito su questioni, sì importanti, ma lontane dalle esigenze concrete per un Paese che non può più permettersi di avere il sistema sanitario che ha.
Chi dovesse avere il problema in questi giorni di fare esami diagnostici nella Regione Lazio, e magari sulla base di una richiesta di urgenza prescritta dal proprio medico di base, scoprirebbe che i dieci giorni previsti tassativamente in questi casi diventano quattro, sei, otto mesi. E non c’è più neppure la scusa del Coronavirus che, per causa di forza maggiore, ha finito per sospendere molte erogazioni. In ogni caso, si scopre che gli ospedali non sono dotati nel numero di attrezzature necessarie, che i medici stanno lasciando il Servizio sanitario nazionale, così come mancano gli infermieri.
Sarebbe opportuno, allora, che i contendenti per le prossime elezioni ci dicessero un pò più nel dettaglio, in modo anche da esporsi ad un pubblico confronto che non può certamente restare confinato nei dibattiti televisivi che si fanno tra di loro, o nelle auliche dichiarazioni di Cernobbio, nel corso del Forum Ambrosetti, ma che deve invece sottoporsi al vaglio dei cittadini, degli esperti di medicina e di economia sanitaria, oltre che degli operatori del settore.
E’ troppo comodo parlare genericamente del Pnrr, mentre sono segnalati i rischi di una vera e propria privatizzazione che potrebbe essere in agguato (CLICCA QUI). Un Pnrr che, per adesso, è costituito da una serie di titoli di capitoli che, però, andranno tutti riempiti. Come lo saranno? Abbiamo qualche candidato che si dice cattolico in grado di fare almeno qualche proposta e indicare un impegno futuro? Magari certificando anche che il partito in cui si è inserito ne farà oggetto di un autentico impegno futuro?
E che dire della inevitabile necessità di rivedere l’intero ruolo delle Regioni in materia? Smetteranno i partiti di guardare alla sanità mettendosi dal punto di vista dei loro apparati e di quello dei grandi interessi privati legati ad un settore che ha finito per assorbire il grosso del bilancio del welfare?
Qualche giorno fa abbiamo fatto nostro il grido di allarme dell’Uneba (CLICCA QUI), una delle più importanti organizzazioni che riuniscono le Rsa in cui sono seguite le persone anziane. Il grido è chiaro: “Se avete a cuore gli anziani più fragili dei vostri paesi e delle vostre città, ora è il momento di dimostrarlo”.
E i cattolici che dicono anche su questo? Forse è più comodo continuare a palare in astratto di identità, trascurando il fatto che questa non si definisce immergendocisi nello specchio in cui ci si guarda ma, soprattutto, per il se e il come si agisce politicamente. I temi dell’inflazione, quello del Pnrr e quello della Sanità, già basterebbero da soli a spiegare cosa significhi in concreto un impegno politico che guardi, insieme, ai principi di riferimento e alla necessità d’intervenire con efficienza, lungimiranza e tempestività su quanto di più importante è legato alla vita degli italiani.
Giancarlo Infante