I contributi di Brundisini, Leonardi, Mannino, Minelli, Molteni, Galbiati, Infante e altri anche non di tipo sanitario sul tema della vaccinazione anti Sars-Cov2, sono sulla strada giusta per formulare un ragionamento di buonsenso. Di seguito alcuni punti spero utili a integrare l’interessante dibattito, per trovare il giusto operare da proporre a chi deve assumere decisioni democratiche nel nostro Paese. Ci vuole tempo in democrazia, ma ripercorrendo la storia forse i tempi si accorceranno.
Una premessa: sono un infermiere dell’ultima generazione prima dell’avvento universitario; le nozioni di Igiene Pubblica e Preventiva con la Tutela della Salute nei Luoghi Pubblici e di Lavoro, mi furono insegnate in una modalità tale che ancora oggi mi rimando a quei principi nell’attività lavorativa, personale e sociale, permettendomi di tutelare la mia e altrui salute durante le varie epidemie/pandemie vissute fino ad oggi.
Dal mese di Dicembre 2019 (prime insorgenze di polmoniti atipiche) ad oggi, pare di aver capito che:
- La situazione attuale vede una buona percentuale di vaccinati a ciclo completo.
- Si discute su vaccinazioni obbligatorie per taluni e non per tal altri o viceversa.
- Si sta verificando la possibilità di vaccinare i bambini.
- La copertura vaccinale dura circa 6 mesi o poco più e si attendono con speranza studi coordinati ed esenti da interessi da Ema, Ecdc, Oms anche sugli eventuali effetti collaterali negli anni successivi alla vaccinazione.
- Uno screening di massa non si ritiene fondamentale per determinare il titolo anticorpale.
- Si insiste con la proroga dello stato di emergenza.
- Si vogliono introdurre misure restrittive per coloro che sono ancora restii al primo ciclo vaccinale.
- Oltre confine qualcosa non sta funzionando come prima o come previsto in merito ai contagi e alla malattia.
- Le strutture sanitarie pare siano in grado di gestire una eventuale ripresa della patologia.
- Le informazioni invadono il quotidiano con troppo eccesso e frequenza, e non si riesce a tracciare una linea di sicurezza accettabile e comprensibile.
Perché non è ancora avvenuta una stabilizzazione della situazione? Credo perché si stia focalizzando tutto sul vaccino: uno strumento di profilassi che nei tempi ha contribuito notevolmente a migliorare le condizioni di salute della popolazione, ma i vaccini da soli non risolvono le situazioni. Non si parla, non si scrive e non si applicano più quegli strumenti di igiene che hanno ridotto l’insorgenza di malattie infettive contagiose e non. Far capire che un vaccinato potrebbe essere contagioso e che il vaccino evita o attenua la malattia è ardua fatica sommata a quella di non dimenticare le buone azioni storiche di prevenzione parallela. L’utilizzo della mascherina e l’informazione sulle mascherine di qualità sono stati trasmessi sottovoce a seguito di una indagine della Guardia di Finanza di Gorizia di alcuni mesi fa, mossa dalle segnalazioni di alcune professioni sanitarie e non, riscontrando che buona parte di quelle che abbiamo utilizzato dal 2020 ad oggi erano inefficaci. Molti non sapevano che a Val della Torre in provincia di Torino esiste un banco di prova eccellente quale la “Fonderia Mestieri”, a cui alcune aziende italiane si sono rivolte per testare le mascherine prodotte, con la produzione successiva di studi e prove tecniche interessanti (v. Dipartimento di Fluidodinamica Università di Udine Prof. Alfredo Soldati e alcune imprese specializzate in filtrazione).
Vi è da sperare che le amministrazioni e i datori di lavoro abbiano compreso che qualità genera sicurezza. E’ da notare, con l’uso della mascherina, l’importante abbassamento dell’incidenza delle sindromi respiratorie influenzali del 2020 e inizio 2021 (sistema Influnet): è un utile campanello da considerare al fine di attenuare in contemporanea una prossima pandemia (se non già in atto), quella dell’antibiotico-resistenza. Forse val la pena un obbligo prioritario stagionale per qualche anno, a indossare la mascherina sempre e ovunque utilizzandola correttamente. In parallelo alla situazione attuale, sta passando in sordina il messaggio della vaccinazione anti influenzale (anche l’influenza stagionale ha lasciato e lascia sul campo malati e vittime ogni anno).
Il lavaggio delle mani e della persona, frequente (acqua e sapone in Italia costano ancora poco, non serve ricercare prodotti sofisticati), è abitudine quasi dimenticata: la scuola materna di mia figlia ha dovuto faticare a far capire ai bambini che prima si bagnano le mani, poi si versa il sapone, si strofinano e alla fine si risciacqua, e non il contrario: significa che in famiglia questo gesto è poco o nulla favorito e stimolato: il richiamo annuale della Giornata Internazionale del lavaggio delle mani ogni 5 di Maggio non è sufficiente. Favorire la ventilazione e l’igiene degli ambienti: oggi abbiamo abitazioni e luoghi pubblici chiusi ermeticamente e riempiti alla pari di grandi magazzini con ancora la presenza di lacune igieniche che si pensavano ormai colmate dal dopoguerra in poi. Ma possediamo la domotica: ma da sola non funziona, anch’essa va sottoposta a manutenzione, un termine ormai dimenticato. I titolari o gestori dei luoghi di lavoro e quelli aperti al pubblico non hanno compreso che i flussi e le presenze regolamentati, portano benefici anche in termini di sicurezza e di revisione dei piani di emergenza stessi sulle capienze: interessante in Finlandia il monitoraggio in tempo reale da parte dei centri di coordinamento delle emergenze, dei flussi nei luoghi ad alta densità di frequentazione; Cinema Statuto 1983, Heysel 1985 sono alcuni esempi di fatti storici che devono essere sempre ricordati e studiati.
Essere consci che se sintomatici per qualsiasi patologia occorre rimanere lontani da luoghi di frequentazione con altre persone (lavoro, scuola, vita sociale, ecc.): ciò che ci ha “gambizzato” nella pandemia è la non consapevolezza nel corso degli anni precedenti a curare il proprio corpo e guarire evitando di andare al lavoro o in altri luoghi. Allargando il campo, dalle amministrazioni comunali a quelle superiori, il controllo degli approvvigionamenti (acqua, aria, catena agroalimentare), oggi forse troppo esternalizzati, causa spesso ritardi di riconoscimento di rischio. Il controllo ambientale naturale e antropico permea di potenziali rischi di cui l’Italia abbonda in termini quantitativi. La lotta alle infezioni ospedaliere non ha ancora inciso abbastanza sull’igiene del personale sanitario al termine dell’attività lavorativa: cambio divisa, igiene personale e delle mani e sull’utilizzo corretto e mirato dei Dpi. Il Green pass: forse era meritevole una riscoperta e revisione dell’anagrafe vaccinale perché una buona parte della popolazione sottostima ancora alcuni rischi.
Concludendo, se l’ingranaggio inceppato è l’obbligo vaccinale contro il Sars-Cov2 e il possesso del Green Pass per i mancanti all’appello e per i richiami, fare un tentativo di sblocco con la ripresa incessante all’uso delle buone prassi igienico sanitarie individuali e collettive, potrebbe essere la linea di congiunzione utile a tutto il fronte schierato contro la pandemia, sia per chi è vaccinato, sia per chi non lo è (e non lo sarà), e sia per chi politicamente deve prendere una decisione di buonsenso: porre la parola fine allo stato di emergenza con tutte le sue declinazioni, complicazioni, restrizioni e dare maggiore serenità alla situazione complessiva. Igienisti, Assistenti Sanitari, la Medicina Ambientale, devono avere più spazio e voce d’intervento. Certo nel nostro Paese oltre ai termini prevenzione, previsione, anche i termini controllo, avviso, ammonimento e sanzione sono lasciati all’oblio, ma almeno per queste minime pratiche potrebbero essere ripristinati. Le innovazioni sono sempre ben attese e accette, ma ciò non vuol dire abbandonare o dimenticare alcuni capisaldi “vecchi” ma ancora molto attuali ed efficaci.
Marco Torriani