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Oriente, Occidente e le libertà delle Chiese – di Luigi Milanesi

Non sarà sfuggito come dai paesi baltici all’Ucraina si moltiplicano le iniziative, anche legislative, contro la Chiesa Ortodossa legata al Patriarcato di Mosca. In sostanza, quegli stati impongono ai fedeli ortodossi legati al Patriarcato di Mosca di recidere ogni legame ed aderire alle Chiese Ortodosse Nazionali. Naturalmente, la questione è subito stata ripresa dai “putiniani alla amatriciana” per rivendicare lo scempio alla libertà religiosa.

A critica degli atteggiamenti di quegli stati è arrivata comunque la parola di Papa Francesco. Qui la questione non può essere letta in termini di partigianeria e chi lo dovesse fare è chiaramente in mala fede.

Torniamo sui banchi di scuola. Il cristianesimo grazie a Costantino I (Editto di Milano febbraio-marzo 313 d.C.) che ne favorisce la libertà di pratica e permettendone la diffusione successivamente Teodosio con l’Editto di Tessalonica del 380 d.C. diventa religione di Stato. Alla morte di Teodosio le vicende politiche portano l’organizzazione statale romana a dividersi in due parti: l’impero Romano d’Occidente e l’Impero Romano d’Oriente. L’impero Romano d’Occidente cadrà nel 475, quello di Oriente nel 1453 (sono date accettate dagli storici). Avviene così che nella parte occidentale la scomparsa del potere statale lascia la Chiesa Cristiana Romana prima come unico potere reale diffuso nel continente poi con l’emergere degli stati nazionali potere concorrente ed infine nell’evolversi storica (non pacifica) potere indipendente ed autonomo.

In Oriente la maggiore stabilità statale (più di mille anni rispetto all’organizzazione statale occidentale) ha come conseguenza il mantenimento di un forte legame dei poteri statale e religioso. Le Chiese Ortodosse, infatti, sono organizzate su basi nazionali. Ad Oriente si sviluppa anche un fenomeno sociale di mobilità dei popoli molto più accentuato di quanto non avvenga in Occidente. In Occidente le comunità che insistono nei confini statali sono più omogenee per lingua e tradizioni rispetto a quelle orientali. Per cui, noi assistiamo a forti concentrazioni, ad esempio, di russi fuori dalla Russia, di ungheresi fuori dall’Ungheria, Rumeni fuori dalla Romania, Polacchi fuori dalla Polonia etc. . Le Chiese Ortodosse seguono questo evolversi per cui nei diversi stati insistono diverse Chiese Ortodosse in comunione con quelle di altri stati.

Il Papa parla, in primis, ai cristiani. Il sottolineare la contrarietà ai provvedimenti statali, l’intervento del Papa può ben essere letto come un invito alle Chiese Ortodosse ad incamminarsi sulla strada dell’autonomia e dell’indipendenza dai poteri statali.

Sostenere che lo Stato sbaglia ad immischiarsi negli affari delle Chiese Ortodosse sottolinea anche lo sbaglio delle Chiese ortodosse ad immischiarsi negli affari e nelle responsabilità statali.

Si tratterebbe di spiegare come sia fondamentale e conveniente scindere le responsabilità, i comportamenti, e gli scopi dei cristiani da quelli delle classi dirigenti al governo delle nazioni. Responsabilità, comportamenti e scopi che possono naturalmente convergere ma anche divergere.

Se ai cristiani viene, nella teoria o nei fatti, negata la possibilità di divergere, essi diventano sterili nella loro testimonianza e strumenti del potente di turno. E’ un discorso che parte dall’esperienza dei cristiani occidentali che, allontanatisi dal vincolo statale, hanno costruito chiese indipendenti, libere, autorevoli ed ascoltate molto più di quanto lo sarebbe stata se si fossero legate alle vicissitudini dei poteri statali.

Anche se in Occidente la Chiesa Romana si trova spesso in contrasto con il potere statale (vedi oggi la questione dei migranti o quella della teoria Gender), essa mantiene comunque l’opportunità e l’occasione concretamente rilevante di esprimere appieno la propria originalità nella lettura della storia.

E’ un invito all’autonomia ed alla libertà. Come tutti quelli di questo genere, è  invito al sacrificio ed al rischio. Allo stesso tempo è guardare lontano.

L’autonomia implica la convenienza pratica dell’unità; tema caro alla Chiesa Romana. L’unità è la precondizione per la forza e per la libertà. Forse è per questo se si leggono tante maliziose interpretazioni delle parole papali.

Luigi Milanesi

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