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Per avviare una discussione seria sulla ” sovranità” monetaria

Politica Insieme è nata per affrontare i problemi che ci riguardano in uno spirito di “ convergenza”, cercando di non fermarsi alle sole enunciazioni o di restare sul piano della semplice denuncia.

Tra le più importanti questioni sul tappeto vi sono sicuramente quelle dell’economia e del suo indirizzo. Cose che richiamano, tra l’altro, l’inserimento del nostro Paese in un contesto internazionale, dell’adesione formale e sostanziale all’Europa e all’Euro, della presenza di dinamiche di mercato e di scambi di flussi monetari e finanziari su cui non appare possibile intervenire in completa autonomia. Purtroppo, come dimostrano recenti vicende legate alla politica seguita dal Governo Lega  5 Stelle, le sole dichiarazioni verbali non bastano.

Davide Gionco ci ha inviato un suo intervento in materia che, come del resto quelli di alcuni altri amici che si rifanno al Pensiero sociale della Chiesa, riecheggia le tesi di quanti chiedono che anche l’Italia torni alla propria “ sovranità” monetaria.

E’ chiaro che una simile questione rimanda alla nostra lunga adesione a norme condivise con gli altri paesi europei ed alla necessità di sviluppare una seria iniziativa politica in sede Ue per correggere le storture ed i limiti della gestione dell’Euro, così come per adottare i provvedimenti più idonei per rispondere ad oggettivi problemi,  sorti soprattutto in coincidenza con la crisi finanziaria della fine del primo decennio di questo secolo .

Il problema della gestione della moneta , dunque, esiste e, pertanto, pur non condividendo interamente ciò che l’amico Gionco sostiene, riteniamo opportuno pubblicare il suo contributo con l’auspicio che la cosa possa servire all’avvio di un approfondimento su di un tema che agita la politica italiana ed europea. Alla fine dell’articolo di Davide, seguiranno delle riflessioni su alcuni punti che potrebbero riguardare un tale approfondimento.

 

“ Il venerabile Giorgio La Pira diceva nel suo libro “Le attese della povera gente”:

“E poi c’è sempre l’altra risposta: Mancano i danari!
Eppure vivere bisogna, per vivere bisogna consumare e per consumare bisogna spendere: quindi,

in ultima analisi, i danari si trovano sempre, necessariamente!

Qui viene proprio da dire: più che i danari, manca l’impegno necessario per mettere in circolazione:

il talento è messo sotto terra!
È un problema di « dinamica» della volontà, della tecnica inventiva, della finanza, della economia, della politica” (pag. 24)

L’economia, il denaro, la finanza, come è evidente, sono una costruzione dell’uomo. Non esistono in natura. Le regole non sono immutabili come le leggi della fisica.

Quando Gesù rispose ai maestri della legge che lo mettevano alla prova: “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio” non intendeva separare l’economia (Cesare) dalla religione (Dio), ma intendeva richiamare l’uomo (Cesare) alle proprie responsabilità nell’utilizzo dello strumento-denaro, che non è creazione di Dio, ma creazione dell’uomo.
Dio è colui che dà la vocazione alla nostra vita e ci fa capire come indirizzala per il bene dei nostri fratelli. Il denaro è uno strumento creato dall’uomo, tramite il diritto e come tale deve essere utilizzato per adempiere la nostra vocazione.

Se è il diritto umano, e non leggi immutabili della fisica, a stabilire cosa sia il denaro, chi abbia diritto di crearlo e in quale quantità, allora nulla vieta che, con una riforma del diritto, lo Stato possa decidere di creare da sé il denaro che gli occorre ed auto-accreditarselo senza alcun indebitamento, spendendolo per garantire la piena occupazione ed il sostegno ai bisognosi. Come, peraltro, fa la Banca Centrale Europea, che negli ultimi anni ha creato più di 2’700 miliardi di euro ex novo, che prima non esistevano.

Se oggi in Italia avessimo una maggioranza politica votata al servizio dei bisognosi, come fece al tempo la Democrazia Cristiana di Giorgio La Pira, e cosciente della possibilità di riformare lo strumento-denaro per metterlo al servizio della Politica, i gravi problemi di povertà e di disoccupazione dell’Italia si potrebbero certamente e completamente risolvere nel giro di qualche anno.

Lo Stato, infatti, avrebbe la possibilità di ridurre il carico fiscale alle fasce più povere della popolazione, quelle che oggi faticano ad arrivare a fine mese con lo stipendio, ed avrebbe la possibilità di aumentare gli investimenti pubblici per opere necessarie e urgenti, come la messa in sicurezza delle infrastrutture, del territorio, degli edifici, come nuove assunzioni nella Sanità che oggi è carente di personale.
Il tutto senza aumentare il debito pubblico, in quanto il nuovo denaro sarebbe emesso, per legge, senza generare debito.

E senza generare inflazione, che, in assenza di rincari delle fonti energetiche di provenienza estera, è un fenomeno che mai si genera in paesi afflitti da alta disoccupazione. Si tratterebbe solo di creare e spendere quel denaro in modo attento e responsabile. E comunque una bassa inflazione sarebbe certamente preferibile all’attuale alto tasso di disoccupazione e di povertà.

Diceva Albert Einstein: “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati.”
Sono troppi anni che l’Italia è immersa in una profonda crisi economica, in quanto “manca il denaro” per ridurre le tasse e aumentare gli investimenti pubblici. Questo perché non ci sappiamo liberare dall’attuale pensiero che ritiene che solo le banche centrali possano creare, e prestare, il denaro.
Eppure non c’è nulla che ci impedisca di farlo, se non il coraggio di trovare nuove soluzioni a problemi che da troppo tempo sembrano non averne”.

Davide Gionco

 

Riflessioni e spunti per un approfondimento

 

Foto di Skitterphoto da Pexels
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