Vengono i momenti in cui si deve avere il coraggio di riconoscere le difficoltà. Siamo ridotti a votare nonostante tutto tappandoci il naso, per riprendere un detto non certo alato, ma molto efficace. E questo perché, più che mai, ci troviamo di fronte a partiti e personaggi della politica che fanno, tutti!, cadere le braccia. Lo dimostra anche il fatto del provincialismo e la superficialità con cui hanno affrontato, tutti!,  una campagna elettorale per le europee destinata a costituire, invece, uno degli appuntamenti più importanti della storia politica ed istituzionale di questo nostro Vecchio continente.

Altro che far contare di più l’Italia in Europa. Slogan che, di per sé, conferma la pochezza di analisi cui si abbandonano quelli per i quali è più comodo declamare una giaculatoria elettoralistica invece che chiamare alla riflessione indispensabile in una stagione nella quale  cambia completamente il mondo. Compreso quello che sta ai confini orientali dell’Europa e quanto, a noi ancora più prossimo, è  a poche ore di aereo al di là del Mediterraneo.

Tutto questo non c’è nel confronto, che parolone da usare in questo caso!, in atto per un voto che sembra interessare esclusivamente solo come enorme sondaggio d’opinione interno o, tutto al più, come velleitario messaggio nazionalistico. Invece, l’Europa richiede una visione molto più ampia e di prospettiva. In qualche modo più universale. Purtroppo, i nostri non c’arrivano e preferiscono, di fatto, continuare a pensare che gli italiani siano tutti come loro. Cioè dozzinali e ignoranti.

La cosa più grave è l’abbarbicarsi a valutazioni ideologiche o, nel migliore dei casi, a quell’astrattezza frutto di una una prevenzione durata decenni contro  i processi, inevitabilmente controversi, avviati lungo il percorso dell’Unione europea. E questo è grave per una classe politica che, dopo mesi e mesi di governo, ha né più né meno che ratificato tutto quanto veniva concordato in Europa, vedi l’ultima esperienza nel caso del Patto di stabilità. Salvo abbandonarsi in retoriche, e inutili, levate di scudi quando si è trattato di difendere situazioni indifendibili quale quella dei balneari. Occasione, quest’ultima, ma non è stata la sola, in cui  è stato smentita la tanta proclamata idea del “lasciar fare al mercato” per difendere rendite di posizioni di oggettivo monopolio, sia pure frammentato e parcellizzato. Ma quelli li votano…

Mai come altro, la questione Europa sta a confermare l’esistenza di una sorta di “doppiezza” proprio di un gruppo dirigente che pratica in un modo a Bruxelles per poi raccontare cose diverse ai propri sostenitori in Italia.

Per non parlare della tragicomica vicenda che vede la Lega, o meglio Matteo Salvini, fare quotidianamente il controcanto a Giorgia Meloni e ad Antonio Tajani sulla delicata questione del sostegno all’Ucraina. Una Lega giunta ieri (CLICCA QUI) a chiedere le dimissioni di Sergio Mattarella responsabile di aver ricordato qual è la natura e la forza dell’inserimento italiano nel processo europeo. Cose che in un altro paese serio avrebbe da un pezzo portato ad un chiarimento, costasse qualunque  presso. Ma il nostro non è un Paese serio e la Meloni non smentisce questo assioma oramai da tempo consolidato.

La destra parla di un vero e proprio referendum per portare più Italia in Europa. Sorvolano sul fatto che i loro alleati d’oltralpe dicono lo stesso: più Francia e meno Europa, più Olanda e meno Europa e così via. Mentre la geopolitica, l’economia, lo sviluppo tecnologico chiedono esattamente l’opposto. Più Europa e meno anguste visioni nazionalistiche. Ma la campagna elettorale continua a trascinarsi su questo refrain rivelando l’implicito cinico giudizio che chi comanda in Italia, alla fin fine,  ha dei propri cittadini – elettori.

La verità è che l’obiettivo resta quello di smontare dall’interno il processo europeo. Finendo, così, per favorire le ristrette aspettative nazionalistiche e i grandi interessi che vogliono un’Europa sempre più debole.

Questo potrebbe spiegare perché si parla d’altro invece che degli appuntamenti cui gli europei saranno chiamati a partecipare subito dopo il voto del prossimo fine settimana.

INSIEME li ha ricordati ieri (CLICCA QUI):

  • la modifica dei Trattati in senso più democratico, e in grado di garantire un’autentica partecipazione dei cittadini
  • il superamento delle politiche dell’austerità che hanno favorito la finanziarizzazione dell’economia a danno di quella reale
  • l’affrontare in maniera condivisa la questione delle migrazioni
  • avere maggior cura dei problemi delle famiglie, della vita e della dignità umana dal concepimento alla morte
  • l’impegno contro i problemi del cambiamento climatico senza trascurare le loro ricadute sociali.

Per chi come noi, alternativi sia alla destra, sia della sinistra, oggi insoddisfatti per le posizioni assunte da quello che avrebbe davvero potuto costituire il cosiddetto Terzo polo, è sicuramente arduo scegliere ed indicare per chi votare. Mentre siamo comunque consapevoli della necessità di andare al voto soprattutto per contrastare le deriva nazionalpopulista che trova supporto nelle più ampie parti di questa maggioranza.

Dunque siamo costretti, come ha scritto la Segreteria di INSIEME, a scegliere con attenzione quei singoli candidati che assicurano una piena e coerente convergenza su un’idea condivisa di un’Europa davvero popolare, inclusiva e partecipata e, dunque, in grado di fornire un’alternativa credibile ad ogni nazionalismo e populismo, sia di destra, sia di sinistra.

E’ vero che si tratta di una scelta necessitata, ma è pur necessario salvare il salvabile nella speranza che dopo il 10 giugno, una volta respinta l’ondata irrazionale che si tenta di sprigionare in Italia e in Europa, i popolari realmente tali siano in grado di giocare una partita importante e partecipare alla costruzione di una nuova Europa, ma anche di un’Italia realmente trasformata.

Giancarlo Infante

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