Pubblichiamo l’intervento di Percorsi di secondo Welfare, a firma di Paolo Riva sulle imprese che in Italia sono salvate dai lavoratori come anche in Francia e Spagna. Ora, l’Unione Europea vorrebbe mettere in campo risorse per sostenerne la nascita e, soprattutto, garantirne la sostenibilità. Se ne è discusso in un convegno a Bruxelles.

Il prossimo potrebbe essere quello della GKN di Campi Bisanzio, la fabbrica in provincia di Firenze conosciuta per la lotta dei suoi lavoratori. La crisi dell’azienda, di proprietà del fondo di investimento Melrose, è iniziata nel luglio 2021, con l’annuncio della chiusura dell’impianto, i licenziamenti e il presidio degli operai, che dura ancora oggi. A oltre un anno e mezzo di distanza, una delle soluzioni che si prospettano per dare un futuro allo stabilimento e alle sue centinaia di dipendenti potrebbe essere un workers buyout, uno strumento che nel nostro Paese ha una storia decennale e una diffusione tra le più grandi d’Europa.

Lavoratori imprenditori

Un workers buyout, o WBO, secondo Eurofond (CLICCA QUI), è un processo di ristrutturazione in cui i dipendenti acquistano la maggioranza o la totalità delle quote di proprietà della propria azienda e, di fatto, ne diventano i proprietari.

A seconda del quadro giuridico nazionale, i dipendenti coinvolti possono prima dover costituire una nuova entità per soddisfare i requisiti legali per l’acquisto dell’azienda originaria. Questa può essere un’associazione transitoria tra dipendenti (di solito alla ricerca di nuovi investitori) o una vera e propria nuova entità legale, di solito una cooperativa di lavoratori.

È il caso dell’Italia, dove i lavoratori dell’azienda da salvare, perché in crisi o perché il proprietario non ha intenzione di proseguire l’attività, si costituiscono in cooperativa, investono proprie risorse (generalmente ricorrendo a Naspi, cioè l’indennità mensile di disoccupazione, o TFR, il Trattamento di fine rapporto) e subentrano nella proprietà.

Dall’approvazione della cosiddetta legge Marcora nel 1985, questi interventi possono essere sostenuti dallo Stato, attraverso  CFI, una partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha proprio il compito di accompagnare, anche economicamente, queste realtà. Tra 2011 e 2021, CFI ha sostenuto 88 WBO per un totale di 2.286 lavoratori. Una nicchia, che però sembra avere potenzialità, soprattutto nei periodi di crisi, in funzione anticiclica. Lo scorso anno la partecipata, che non si occupa solo di workers buyout, ha sostenuto 31 cooperative e 1.630 lavoratori con 20,1 milioni di euro, il 48% a sostegno dei WBO. (Per la lettura completa dell’articolo CLICCA QUI)

Paolo Riva

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