Molti sanno da tempo quanto – ritornato nella mia bellissima terra,la Sicilia – io mi ispiri ai valori di un autentico umanesimo cristiano, espressi in ogni sua azione da Giorgio La Pira.
Il prof. Giorgio La Pira è stato “UN POLITICO VERO” ( che operò in una stagione di politici di ben altra tempra morale ed umana ,come De Gasperi, Moro, Dossetti, Fanfani…) ed io cerco di proporlo – riprendendo un’espressione lapiriana “avanti, ma con fermezza”- come una luminosa guida cristiana da seguire pure in un nevrotico contesto contemporaneo, dove ad una popolazione siciliana incline ad una rassegnazione “quasi patologica” (non vanno a votare il 60 % circa dei siciliani) si contrappone una classe di persone colluse con la mafia e la massoneria (ma pronte comunque a partecipare a cerimonie religiose ed a processioni dall’indubbio gusto pagano) con un sapiente intreccio camaleontico nella vanitosa ricorsa del potere e dei voti: una classe politica a cui consiglio di munirsi di molti apparecchi “Amplifon” solo per ascoltare progetti ed idee (come me, molti sono coloro che vorrebbero dare un contributo di idee, ma che rimangono inascoltati perché non integrati all’attuale sistema “politico”del trasformismo ) per creare opportunità lavorative per i nostri giovani.
Il tutto in mezzo ai giovani in fuga( 12.000 negli ultimi mesi a Messina; 22.000 a Siracusa) e ai problemi del povero presidente dell’assemblea siciliana, Micciché, sottoposto alla dura difficoltà di poter contare solo su 200 Euro per un pernottamento a Milano.
Pongo all’attenzione del gruppo di “Politica insieme” a cui aderisco alcune mie riflessioni che partono dall’esperienza del prof. Giorgio La Pira .
Partiamo dalla disoccupazione….
Nei numeri 1 e 5 della rivista “Cronache sociali” rispettivamente del 15 aprile e del 1° luglio 1950 vennero pubblicati due articoli di Giorgio La Pira intitolati “L’attesa della povera gente e “La difesa della povera gente” . Nel primo articolo metteva in evidenza – riprendendo il pensiero di John Maynard Keynes- la contraddizione economica insita nella disoccupazione “è un consumo senza corrispettivo da produzione, è, perciò, uno sperpero di forze produttive”.
Per ottenere la piena occupazione è necessario che lo Stato non solo favorisca l’iniziativa privata, ma intervenga direttamente con un piano organico di investimenti pubblici.
“Sia lo Stato che i privati-afferma Giorgio La Pira– devono spendere secondo piani finalizzati alla massima occupazione ed al soddisfacimento dei bisogni essenziali dell’uomo.
Si potrebbero, ad esempio, costruire case, produrre energia, industrializzare le aree depresse.
Il denaro necessario per il finanziamento dei piani si sarebbe potuto trovare utilizzando il risparmio inoperoso delle banche, che erano tutte o quasi dello Stato e sfruttando razionalmente il patrimonio demaniale”.
In quanto al ruolo del lavoratore
“Per Giorgio La Pira ( “Giorgio La Pira e la Costituzione – Nino Giordano- LEF Firenze pagg. 65-72) il lavoratore è come un coordinatore, come un corresponsabile, un soggetto e non un oggetto dell’economia” e “nella concezione organica del lavoro la qualifica di lavoratore è uno stato giuridico al quale si ricollegano diritti privati ,diritti pubblici, conseguenze politiche “.
Inoltre, se tutti hanno il diritto e l’obbligo di lavorare, sottolinea La Pira, richiamandosi ai concetti esposti dall’On. Dossetti, va affermata la necessità, dopo aver parlato del lavoro”di considerare anche
Il diritto all’esistenza per gli inabili e gli invalidi, come un diritto proprio del lavoratore e non sotto l’aspetto di assistenza o previdenza”.
Concetto altissimo … .il lavoro è essenziale allo svolgimento della persona umana: chi ne è impedito non deve “chiedere la carità” , ma ha un “diritto” consequenziale e strettamente connesso al fatto che egli è
potenzialmente un “lavoratore” e che è il diritto del lavoratore ad aver assicurato il suo “diritto all’esistenza”
Sul rapporto del lavoratore con la cosiddetta “proprietà” (il rapporto lavoratore-impresa) (e, più propriamente, la definizione, del tutto nuova, rispetto a quella ancora dettata dal vigente codice civile, della “proprietà privata”) questo fu risolto da Dossetti e da Togliatti,il quale ultimo dichiarò apertamente di accettare la “formulazione di Dossetti sulla proprietà”.
“La difficile questione- scrive il prof. Paolo Maddalena, nella sua post-prefazione al mio libro “Giorgio La Pira e la Costituzione”, fu risolta dal Dossetti nell’ambito del quadro generale della Costituzione, al quale tanto si deve alle idee e agli interventi di La Pira ( ricordiamo gli articoli della Costituzione italiana a cui contribuì La Pira : Art.2, 3, 5,7,10,11,29,33,35,39,49)
Ed è sufficiente rileggere l’ art. 41( “L’iniziativa privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” e l’art. 42, primo e secondo comma(“La proprietà è pubblica e privata. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”) per capire quanti essi non siano stati applicati e quanto siano da condannare le dominanti teorie neoliberiste” alle quali da tempo si ispirano i nostri governi (anziché ispirarsi alle sane teorie Keynesiane -a cui si collega Giorgio La Pira- che ci hanno assicurato trenta anni di benessere nel dopoguerra), tradendo le aspettative del popolo e nascondendosi sotto l’espressione “l’Europa lo vuole”.
“Si sappia- prosegue il prof. Paolo Maddalena ( autore del volume “Gli inganni della finanza, Donzelli editore 2016,p.78 e segg.) – che non c’è Europa che tenga quando si tratta dei diritti inviolabili dell’uomo qual è il “diritto al lavoro” e si sappia che la nostra Corte Costituzionale ha da tempo elaborato la teoria cosiddetta dei “Contro limiti”, secondo la quale lo Stato italiano deve negare”l’accesso nel nostro ordinamento di norme comunitarie, originarie (cioè scritte nei trattati), o derivate (cioè emesse dagli organi comunitari), se queste norme sono contrarie ai “diritti dell’uomo”.
Nino Giordano