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Povera Italia

È difficile credere che tutti gli elettori della Lega siano fatti della stessa pasta di Salvini.

Quanti siano pronti a chiamare “cani e porci” gli immigrati? Quanti si rendono conto che, di questo passo, si sta avvelenando l’anima dell’Italia e degli italiani:non sapendo far di meglio, finiranno presto per odiarsi tra loro.

Del resto, fin dalle sue prime origini, il disprezzo per il Meridione, e per chi lo abita, è stato uno degli ingredienti della dieta “celodurista”. La cartina di tornasole della vera fede “padana”.

E quanti siano i cattolici – tutta gente per bene, soprattutto i praticanti, quelli che la domenica corrono a Messa a mettersi l’anima in pace – che, anziché indignarsi, assecondano e incoraggiano con il loro voto questa pericolosa involuzione. Che non concerne solo l’opinione politica, ma suggerisce ed induce comportamenti, cioè assume anche un carattere d’ordine morale.

C’è qualche leghista – magari tra quelli biologicamente più evoluti e, almeno cosi si dice, più responsabili e moderati – che sia ancora in grado di vergognarsi di certe esternazioni del Capitano? Basta biascicare qualche giaculatoria contro l’aborto per essere accreditati presso il mondo cattolico?  Oppure, perfino il Rosario, esibito in un certo modo, non si trasforma in un’arma brandita contro gli immigrati ? Il che equivale ad una bestemmia.

Coagulare il consenso attorno a parole d’ordine fatte apposta per suscitare odio, e per lacerare la coscienza civile del Paese, significa assumere una grave responsabilità e favorire una paurosa regressione della coscienza civile.

È sempre difficile capire come sentimenti indegni, che pochi o nessuno arriverebbe a coltivare in proprio, talmente sono lontani dalla loro indole e dalla loro educazione, vengano, invece, assorbiti, quasi senza avvedersene, e poi enfatizzati fino a radicarsi nell’anima, quando un pifferaio suona il corno dell’adunata. Allora ci si intruppa, ci si sente finalmente “qualcuno”, nella misura in cui ci si identifica con il vigore maschio di chi conduce la danza e, nel gregge, trovano soddisfazione le tante piccole frustrazioni che si sono, via via, accumulate nella vita di tutti i giorni. Si diventa tributari e vittime inconsapevoli di un’identità collettiva e mimetica che sembra implementare ed orientare la propria secondo un sentimento collettivo. E , invece, ottunde la coscienza personale e la contorce addirittura contro la sua propensione originaria.

La storia, in tal senso, ci impartisce lezioni terribili. Fortunatamente non è il nostro caso. Non siamo a questo punto. Ma il meccanismo psicologico di massa che muove questi processi è lo stesso e mai studiato abbastanza.

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