“Qui si fa l’Italia o si muore”? Stia tranquilla Giorgia Meloni. L’Italia democratica e repubblicana l’hanno già fatta i Padri della Costituzione che hanno raccolto l’eredità della lotta antifascista, senza attendere il suo appello garibaldino e soprattutto senza aspettare gli epigoni di una cultura e di una stagione politica che l’Italia hanno disonorato.
Francamente è forse troppo pretendere di reclutare, in una sola giornata, Dante e Garibaldi. D’ istinto verrebbe da dire: “Una risata vi seppellirà”, eppure è meglio non buttarla su questo piano. Talvolta il patetico sfuma nel ridicolo, ma succede anche il contrario. Può succedere che piccoli segnali, sempre che non vengano sbrigativamente sottovalutati, preludano a sommovimenti di fondo della cultura diffusa e della pubblica opinione che o avanzano di per sé oppure, come potrebbe essere in questo caso, vengono attentamente studiati e promossi ricorrendo a strategie mediatiche, talmente ben studiate da apparire del tutto innocenti.
Interpretare Dante applicandogli le concezioni di cosa si intenda oggi, nel lessico corrente, come “destra” o piuttosto “sinistra” è semplicemente ridicolo. Ma, soprattutto, l’affermazione del Ministro della cultura contraddittoria. Iscrivere Dante Alighieri alla destra, anzi evocarlo come fondatore del suo pensiero, in nome di “quella visione dell’ umano, della persona, delle relazioni interpersonali…” è una contraffazione culturalmente volgare, se viene da una parte politica che ha invocato il blocco navale ed altre misure offensive della più elementare dignità dei migranti.
Oppure – ed è ancor peggio – da parte di forze che annoverano tra i loro esponenti, taluni che ancora coltivano il mito di una cultura politica che ha partorito le leggi razziali.
Aver vinto le elezioni non autorizza nessuna a prendersi gioco dell’Italia, degli italiani e della loro storia.