Sul premierato, forse, s’incrinano le granitiche certezze? Sono mesi e mesi che politici, costituzionalisti, commentatori, partiti, funzionari di governo e delle Camere si sono impegnati a discutere sul testo e, invece, scopriamo che tutto è risolto con un “chissene importa” nel caso il referendum cancellasse quella destinata ad essere la “madre di tutte le riforme”.

Giorgia Meloni non è giunta a dirci il famoso “me ne frego”, ma fa lo stesso visto che il senso è questo.

L’importante è durare cinque anni. “Mi chiedono se non passa il referendum è un problema…chissene importa. Sono pronta a dimettermi qualora venisse bocciato il referendum? No. Io arrivo alla fine dei 5 anni e chiederò agli italiani di essere giudicata. Se la riforma non passa gli italiani non l’avranno condivisa. Tutto il resto sono speranze della sinistra”. Questo alato discorso rivela lo spessore di tutta una politica che doveva “rivoltare l’Italia come un pedalino”.

Abituati, purtroppo, a politici d’altro tempo, e di altra qualità, o comunque in grado di presentare ben altre idealità, compreso il suo Giorgio Almirante, non possiamo che prendere atto che si divide il Paese e, poi, … chissene. Chapeau.

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