Oltre cinquanta interviste per realizzare un “libro di dialogo”. Questo il lavoro compiuto dal giornalista del Tg1, “un’inchiesta a sessant’anni dalla Pacem in terris”, edito da San Paolo. Ai media vaticani l’autore racconta il significato di un volume che vuole aprire una riflessione sulla pace, sul suo significato nella storia e nell’immediato futuro.
Giustizia, solidarietà, cura della terra, inclusione. In una parola: fraternità. È questo il messaggio di pace della Chiesa, portato avanti con sana ostinazione da Francesco e dai suoi predecessori. Un impegno straordinario che ha spinto il giornalista Piero Damosso a porre e porsi una domanda: può la Chiesa fermare la guerra? Un’inchiesta, la sua, a sessant’anni dalla Pacem in terris, in un libro edito da San Paolo. Soffermandosi in particolare sulla guerra in corso in Ucraina, l’autore pone la questione ad oltre cinquanta interlocutori per giungere alla “consapevolezza che questo potrebbe accadere”. I motivi sono molteplici e vanno dalla centralità del dialogo all’autorevolezza degli attori, in particolare di Papa Francesco, il cui ruolo è riconosciuto da numerosi leader religiosi e politici. “Oggi la Chiesa è nel mondo l’unica forza in grado veramente di bloccare il conflitto in Ucraina”, afferma Damosso nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News. “Dinanzi allo stallo di questa guerra, la Chiesa riesce a tessere relazioni diplomatiche che possono renderla un vero punto di riferimento, anche perché – ricorda – questa è una guerra tra cristiani”.
Il dialogo e l’ecumenismo
La strada del dialogo tra le religioni e l’ecumenismo è stata anticipata – sottolinea l’autore – da Giovanni XXIII, aperta dal Concilio Vaticano II, abbracciata da Paolo VI (si pensi all’incontro con Athenagoras) e spalancata da Giovanni Paolo II e dallo spirito di Assisi, ripresa da Benedetto XVI e portata ancora avanti da Francesco. L’ecumenismo diventa allora “diplomazia pacificatrice” e il dialogo ne è il perno. “Il dialogo è premessa fondamentale e parte dal ricoscimento reciproco”, sostiene Damosso. “Dobbiamo riuscire a convertirci, se vogliamo salvare l’umanità, dinanzi a una questione molto semplice: l’altro è un fratello o no? Questa è l’urgenza a cui ci sollecita Francesco con la Fratelli tutti“, prosegue, ammonendo sul fatto che “stiamo dimenticando gli orrori della guerra”. La preghiera ha poi un ruolo centrale. “Lo ripeto, questa è una guerra tra cristiani. Per tutti i cristiani la preghiera è molto importante, cambia la vita. Noi abbiamo una grande tradizione mariana, sia in Russia che in Ucraina. Se ci rivolgiamo con fede a Maria, Regina della pace, credo che cercheremo con più determinazione le vie della pace. Già esiste – dice – un popolo di artigiani della pace che non è numericamente irrilevante”.
L’attualità della Pacem in terris
Tre donne nel dialogo
Il testo presenta anche tre contributi di Paola Severino, ex ministro della Repubblica italiana; Edith Bruck, scrittrice, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti e Dacia Maraini, scrittrice. Piero Damosso ha realizzato tre ampie interviste, ponendo alle interlocutrici – “tre donne nel dialogo” è il titolo dell’ultimo capitolo – diverse domande, tra cui quella che dà il titolo al libro. “Penso che la Chiesa di Papa Francesco possa fare molto per fermare la guerra”, afferma Severino, sottolineando come “il Papa mostra una forza d’animo non comune” ed è “alla sua forte volontà di promuovere la pace che dobbiamo ispirarci”. Per Bruck “Francesco sta facendo il massimo che può fare, sta mandando persone per fare la pace”, ma “si vede che non basta nemmeno un Papa per riappacificare”. Per Maraini, infine, “la Chiesa di Francesco ci sta provando, ma di fronte al peso di alcuni Paesi” il successo di tale tentativo “sarà molto difficile”.
La pace e le possibili intese
Tra i numerosi personaggi intervistati ci sono anche l’economista Stefano Zamagni, che propone una possibile intesa in 7 punti tra Russia e Ucraina, auspicando una mobilitazione della società in grado di dare vita ad una “Alleanza per la pace”, e lo psicologo Franco Vaccari, presidente dell’organizzazione internazionale Rondine-Cittadella della pace, il cui metodo di lavoro si basa sulla convinzione che per costruire relazioni non si può prescindere dai conflitti, mai sinonimo di guerre. “I conflitti esprimono delle differenze, da qui nasce l’incontro per ascoltarsi, comprendersi”, afferma Vaccari, “proprio come fanno gli studenti a Rondine”, borgo in provincia di Arezzo, dove oggi convivono anche giovani ucraini e russi, israeliani e palestinesi. A proporre un’intesa di pace è anche l’ambasciatore Pasquale Ferrara, che sollecita l’Occidente, l’Europa a costruire “un nuovo di sistema di convivenza tra le nazioni”. “La parola pace è stata espunta dal vocabolario, ma non dalle attese dalle gente”, afferma Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. “La pace – aggiunge – è lo scopo di ogni politica e di ogni conflitto, ma oggi rischiamo di perdere questo orizzonte”.
Pubblicato su vatican news a firma di Andrea De Angelis