È sempre più evidente come il caso della pugile algerina Imane Khelif sia diventata una questione politica di livello mondiale. Con dietro il conflitto tra il Comitato olimpico internazionale e la Federazione mondiale di box dilettantistica guidata dal russo Umar Kremlev, ed esclusa dall’organizzazione dei giochi parigini.

Il “putiniano” è arrivato a concedere alla nostra atleta Angela Carini, che ha abbandonato l’incontro con la Khelif, i cinquantamila dollari previsti per ogni atleta vincitore, o vincitrice  di una medaglia d’oro. La Carini ha deciso, invece, di non accettare un premio immeritato e di schivare la polpetta politica avvelenata che faceva parte dell’offerta.

Questo il quadro in cui ha preso corpo una querelle che ha messo a dura prova le due ragazze coinvolte, vittime di giochi più grandi di loro. Come del resto ha fatto capire anche la boxer italiana quando ha parlato delle forti pressioni ricevute. E che, forse, spiegano anche la sua decisione di abbandonare ad incontro appena iniziato con la rivale afflitta da una malattia che fa naturalmente aumentare i livelli di testosferone, ma che non la rende meno donna.

È vero come scrive Luigi Milanesi che molte delle polemiche s’inseriscono nella furiosa discussione in atto da anni sulla questione del gender (CLICCA QUI). Ma in questo caso, gratta gratta, viene fuori la logica dei giochi di potere che pervadono da decenni lo sport, ed anche le Olimpiadi. E ovviamente c’entra la politica che prova a strumentalizzare tutto lo strumentalizzabile. Indifferente al fatto che comunque finisce per ferire degli esseri umani, con il peso dei loro problemi e dei sacrifici che ogni attività agonistica di livello richiede.

Esiste, inoltre, il problema delle regole. E ci vorrebbe il rispetto per quelle che le singole organizzazioni sportive autonomamente si danno. Bene note in anticipo agli atleti e ai vertici dei responsabili delle loro federazioni nazionionali. Se qualcosa non torna, o è migliorabile, non può essere modificato in corso d’opera.

Ieri abbiamo assistito agli incontri di judo. Gli atleti della nazionale italiana hanno dovuto incontrare, prima, quelli della Francia e, poi, quelli del Brasile. Ebbene, in entrambe le occasioni, i nostri, e le nostre, se la sono dovuta vedere con chi pesava persino 40 chilogrammi di più ed hanno, inevitabilmente perso i loro incontri. Si sono lamentati? No. E sicuramente non si attendevano l’intervento di autorevoli personaggi della nostra politica che nel caso delle due pugilesse hanno finito per abboccare con tutte le scarpe. 

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