Troppo spesso il patetico irrompe nella politica italiana. E questo contribuisce a spiegare perché siamo diventati inconcludenti in patria e irrilevanti fuori.
La sinistra, con qualche ragione, guarda con un sollievo di respiro ai dati che vengono dal voto locale. Eppure, la sua crisi è ben lontana dall’essere risolta. Perché manca il coraggio, e le capacità?, di fare i conti con una società trasformata e con i conseguenti, gravi errori compiuti negli ultimi decenni quando si è fatta inglobare in una visione elitaria, radical chic dice polemicamente la destra, propria di un liberismo individualista e, così, perdendosi per strada il mondo del lavoro. Ciò che, ancora una volta, ricorda su queste pagine Giovanni Cominelli (CLICCA QUI).
Sono importanti, sì, anche per la loro consistenza, i successi ottenuti in quasi tutti i capoluoghi di regione e di provincia. “Stiamo arrivando” dice la Schlein. Sorvolando, però, sull’inevitabile quesito che pure il PD dovrebbe porsi: perché abbiamo vinto? Vittoria per aver cominciato a prospettare una politica per il futuro di cui ha bisogno il Paese, o solo perché il frutto del riconoscimento da parti sempre più larghe dell’elettorato che Giorgia Meloni ha già esaurito la propria forza propulsiva?
Ma il patetico irrompe nella politica anche grazie alla destra e a Giorgia Meloni. Continua, infatti, lei, Giorgia Meloni, a coltivare sul piano dell’azione di Governo solo l’esistente, quello che giornalisticamente è definito “la politica di Draghi”, e a muoversi come se ancora fosse a capo di un’opposizione. Invece di assumersi il ruolo che potrebbe, e dovrebbe, competere a chi ha la rappresentanza di tutti gli italiani. In fondo, sarà solo per questo se, dopo la marginalizzazione politica in cui si è messa a Bruxelles, l’Italia riceverà un adeguato riconoscimento a livello di responsabilità europee. Giorgia Meloni, però, questa carta se l’è giocata davvero male inseguendo una improbabile “grandezza” a livello internazionale tutta puntata sulla sua guida dei Conservatori europei. Non è il primo leader a credere a quel che scrivono i giornali. E, al dunque, questi suoi Conservatori si stanno squagliando nel tentativo, ciascun gruppo di loro, di gestirsi in proprio i propri voti.
Giorgia non è riuscita ad avere il marito ubriaco e la botte piena. Come ha confermato il suo soliloquio post elettorale non le resta molto a cui attaccarsi se non a definirsi “patriota”. Come se poi il sentimento patriottico lo avesse solo lei o dovesse essere esclusivamente, anche per gli altri, esattamente come il suo. Quello di coloro che, invece, coniugato con Patria e Nazione anche Popolo e Paese.
Certi aspetti del suo carattere, e della sua capacità di tenuta, sono emersi in maniera evidente allorquando 25 su 27 Capi di stato e di Governo hanno detto di sì ad un intesa del tutto coerente con i risultati di un voto liberamente espresso. E, oggettivamente, emerge del patetico quando Giorgia Meloni rifiuta l’intesa perché i suoi Conservatori dovrebbero essere considerati il terzo partito in Europa. Viene da chiedere: ma perché in Italia, allora, lei ha dato vita al Governo con due formazioni più piccole del PD e dei 5 Stelle?
Sullo stesso piano, si è mosso Salvini che ha parlato di un “golpe” perpetrato a Bruxelles. Siamo finiti fuori da ogni razionalità. Se andiamo avanti così, i partner europei penseranno davvero di poterci sempre trattare a pesci in faccia. Perché quando il patetico irrompe nella politica non c’è modo di salvarsi.