Un bel tacer non fu mai scritto. Costretti ancora a ricordarlo dopo le tante cose strampalate che ci hanno fatto ascoltare alcuni ministri. Oggi, non è il caso di esternare proprio tutto quel che ha sollecitato la frase del Ministro degli Interni sul fatto che “la disperazione non giustifica viaggi che mettono in pericolo i figli”. Diventeremmo davvero volgari.
Non sappiamo se il Ministro abbia mai avuto occasione di girare certe parti dell’Africa o dell’Asia, ma lo stesso vale per tante, troppe contrade dell’America Latina. E se magari lo ha fatto solamente “chiudendosi” nei villaggi turistici o negli alberghi di lusso di quei luoghi che richiamano per la loro esoticità, ma sono circondati solamente dalla miseria. O se ha avuto la ventura d’ incontrare i lebbrosi che ancora ci sono in Eritrea o in Etiopia, o i nepalesi o i tibetani che sbarcano il lunario affidandosi all’elemosina degli stranieri. Il fatto è che tanti disperati trovano proprio nella disperazione l’unico motivo per farsi migliaia di chilometri attirati dal miraggio della fine della fame e della miseria. E costretti a coltivare un’unica speranza, per quanto questo costi esporre ad ogni sorta di sacrificio anche i figli. Bisogna andare al fondo di quella disperazione e seguire esattamente il contrario del filo logico che ha portato Piantedosi a fare un’esternazione davvero sbagliata, oltre che infelice.
Sono la fame, la violenza, la mancanza di qualsiasi traccia di un futuro a mandarci questi disperati. Ed è un bel dire che non devono partire. Sì, perché nelle condizioni in cui si trovano, c’è un qualche motivo per restare?
E’ terribile dover dirigere dal Viminale, c’è da rendersene conto, un problema qual è quello dell’immigrazione. E’ l’unica scusante che da trovare all’esternazione di un Ministro che, come è stato per la collega che l’ha appena preceduto, occupa una poltrona cui, recentemente, nessun “politico” ha ambito. Tanto chiaramente si è confermata la “via stretta” da seguire sull’immigrazione: limitati come siamo da un fenomeno epocale, da un lato, e le immense difficoltà che lo circondano anche in Europa, dall’altro. A partire da quello dello scontro tra “nazionalismi” che hanno contagiato tutti i paesi europei e che trova nella questione migranti l’occasione per manifestarsi in maniera roboante e da utilizzare quale oggetto di scambio.
Intanto, mentre c’illudiamo di non farli partire vogliamo dare almeno a chi è già arrivato condizioni più umane o li vogliamo far pentire di essersi lasciati alle spalle una vita di miseria visto le stesse condizioni in cui li costringiamo anche noi? Restiamo inadeguati ad occuparci di chi ha avuto almeno la fortuna di non fa parte dei quasi 30 mila che hanno perso la vita nelle nostre acque mediterranee. Sappiamo dei tanti posti in Italia, l’ultima nota è venuta ieri pomeriggio parlando con l’ex Sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino, tra l’altro fatto cadere dalla Lega e dalla destra proprio in materia di assistenza ai migranti, dove lasciamo amministratori locali e gruppi del volontariato soli ed abbandonati perché non c’è una politica dell’accoglienza degna di questo nome.
Sono decenni che sentiamo dire di aiutarli a “casa loro” mentre, forse, sarebbe meglio avere il pudore di tacere.
Alessandro Di Severo