I telegiornali hanno sbandierato troppo presto sui successi riportati in materia d’immigrazione. Sì, c’è stata la grande dichiarazione sui confini comuni. A noi italiani il riconoscimento, per quanto sia contata e ovvia l’esistenza di una frontiera comune, da non lasciare in gestione solo ai singoli paesi, sta sicuramente bene. Anche perché è da anni che chiediamo di non essere “lasciati soli” a presidiare gran parte del confine mediterraneo.
Come nel passato, però, manca lo sviluppo concreto di un simile principio. E ovviamente questo è dovuto alla diversa valutazione che ogni singolo paese, o nazione, fa dei propri problemi e propri interessi. Tra cui spiccano quelli elettorali dei governi di turno. La Polonia è una di questi, visto che andrà al voto l’anno prossimo.
Come era logico attendersi dopo la riunione dei ministri degli interni di 15 giorni fa, quando parlammo di “coltellata alle spalle (CLICCA QUI), Polonia e Ungheria, che enfatizzano molto il loro sovranismo, hanno confermato il loro no ad una politica comune in tema di migranti e hanno lasciato pure l’Italia con un pugno di mosche in mano. Uscendo dall’ubriacatura ideologica è tanto complicato riconoscere come sia più che facile ritrovarsi in un inevitabile cortocircuito del sovranismo? Soprattutto, se si pensa che questo significhi dare vita ad una politica comune in Europa. Del resto, altri sovranisti, ma non solo, lamentano che l’Italia sta bloccando la riforma del Mes da loro approvata.
E tutto dice che accadrà di nuovo. In particolare, quando verrà il momento di entrare nel merito del debito pubblico e del rispetto dei parametri di Maastricht. Riscopriremo anche nel corso dei prossimi appuntamenti che le alleanze ideologiche sono facili da sbandierare. Più complicato è ricavarne qualcosa. Attenzione, allora, a intestarsi successi che valgono la durata dell’asciugatura dell’inchiostro dei documenti tanto solennemente sottoscritti, o non sottoscritti, sapendo che la dura realtà è tutta un’altra cosa.