Pubblichiamo l’intervista realizzata da Percorsi di Secondo Welfare con Edoardo Fregonese ( CLICCA QUI )
Cosa intendiamo quando parliamo di impatto sociale? Come possiamo comprendere meglio questo tema complesso, ma ormai fondamentale per il mondo che dobbiamo (ri)costruire? Ne abbiamo parlato con Edoardo Fregonese, Educational Expert del Cottino Social Impact Campus di Torino e Valutatore d’Impatto CEPAS, per approfondire in che modo l’impatto sociale abbia delle ricadute sulla nostra società e come, singoli e organizzazioni, possano imparare a generarlo.
Se dovessi spiegare nel modo più semplice possibile cosa significa “impatto sociale” come lo definiresti?
L’impatto sociale è l’insieme degli effetti (positivi) considerati sul lungo periodo di un determinato progetto o di una determinata azione, compiuti e sviluppati da un’organizzazione (sia essa no-profit e for profit) internamente (verso i lavoratori e i dipendenti) e/o esternamente (verso la comunità e il territorio). L’impatto sociale, cioè questo insieme di effetti, deve essere intenzionale, misurabile e addizionale. Deve essere voluto, deve poter essere misurato, deve mettere al primo posto la società e gli individui anche a discapito di una forse parziale o iniziale diminuzione del profitto. Infine l’impatto sociale – nella forma degli investimenti a impatto – deve intervenire in aree sottocapitalizzate che sarebbero diversamente escluse da altre fonti di investimento.
Perché l’impatto sociale è utile per la nostra società?
Perché ci consente di pensare a un nuovo paradigma economico e sociale, in cui le imprese e le organizzazioni in generale, anziché essere animate dal puro e semplice profitto sono mosse da cause che coinvolgono il benessere della società.
Come capire se dietro ad un’idea, un progetto, un’azienda o un’organizzazione è stato fatto un ragionamento che tiene conto dell’impatto sociale?
Questo è un tema spinoso. Uno dei problemi principali dell’impatto sociale è proprio il mascheramento di azioni sotto questa categoria che però hanno poco o nulla a che fare con l’impatto sociale. Il cosiddetto ‘impact washing’ è proprio questo: per esempio faccio costruire asili per i figli dei dipendenti, ma poi evado le tasse e discrimino il personale rispetto all’orientamento sessuale o di genere. Per cercare di capire se un’azione è potenzialmente in grado di generare impatto sociale va indagata la fine e l’inizio di quella stessa azione.
Da un lato quindi le azioni che hanno animato il o la decision-maker a intraprendere uno specifico corso di azioni, dall’altro gli effetti causati da queste stesse azioni. Nonché tutto ciò che quella stessa organizzazione fa. Se nel Paese d’origine dell’azienda questa si prodiga nell’aiutare, per esempio, bambini affetti da malattie rare e poi in paesi in cui ha delle filiali avvelena i pozzi scaricando liquami e prodotti nocivi per la salute nelle falde acquifere, si può affermare che quell’azienda non genera impatto sociale, ma lo usa spudoratamente per “lavarsi la coscienza”.
Se dovessi raccontare con degli esempi chiari cos’è e come si applica l’impatto sociale di cosa parleresti? Come si può costruire in pratica?
Da un lato parlerei di chi faceva e generava impatto sociale ante litteram, e penso ad Adriano Olivetti. E parlerei poi del Terzo settore, ma senza il quale molto di ciò che abbiamo non ci sarebbe (e penso in special modo alla cura degli ultimi, siano essi anziani, migranti, o altro). Per costruirlo in pratica non bastano solo le buone intenzioni (che, come si sa, è ciò di cui è lastricata la strada per l’inferno), serve rigore e disciplina, servono strumenti concettuali e conoscenze adeguate, bisogna saper gestire e misurare progetti a impatto nonché preliminarmente saperli definire e costruire. Non è sicuramente un’impresa semplice, ma allo stesso tempo è qualcosa di estremamente necessario.
La costruzione pratica di impatto passa inevitabilmente da una sua conoscenza teorica. Conoscenza che è per sua stessa natura multi-disciplinare e variegata: dalla comprensione degli attori dell’ecosistema fino agli strumenti di misurazione e a quelli funzionali alla costruzione e allo sviluppo di un corso di azioni efficace alla produzione di impatto sociale. La conoscenza passa anche dalle testimonianze di chi ha fatto impatto sociale, apprendere dai migliori casi è una delle vie maestre per l’impatto sociale.
In ultimo c’è lo sviluppo di un proprio progetto tramite indicazioni e suggerimenti che al Cottino Social Impact Campus stiamo producendo tramite una serie di canvas che portano i partecipanti di Impactware – il nostro corso per diventare esperti dell’impatto sociale – a focalizzarsi su una serie di passaggi tramite cui generare impatto sociale. Dalla definizione di una propria visione di impatto – un orizzonte entro il quale sviluppare il proprio corso di azioni – all’obiettivo di impatto. Obiettivo che può essere traguardato tramite un action plan rigoroso; infine c’è il continuo tentativo di sfida allo status quo, il momento trasformativo vero e proprio in cui impact vision e realtà empirica si “scontrano” e in cui ci si deve districare tra molteplici dilemmi.
Dove si possono capire meglio e approfondire questi temi?
Il Cottino Social Impact Campus ha costruito una proposta di corsi e Academy pensata per formare i world-maker di domani. Con Impactware il Campus mette a disposizione un insieme di concetti, strumenti e linguaggi che consentono agli individui e alle organizzazioni di comprendere, immaginare, progettare e quindi costruire una nuova società orientata all’impatto sociale. Il percorso si svolge in formato blended: docenza, testimonianze e workshop sono tenute online e in aula in presenza al Cottino Social Impact Campus da settembre a dicembre 2021. Le iscrizioni scadono il 9 settembre e il primo modulo “Explore”, che offre una conoscenza orizzontale e multi-disciplinare di base sui temi dell’impatto sociale, è il modo migliore per cominciare ad affrontare questi temi.