L’indagine pubblicata ieri dall’Istat sulle condizioni di reddito delle famiglie e delle persone residenti in Italia negli anni 2021-2022 rappresenta un’anticipazione del rapporto che verrà ufficializzato nel mese di settembre p.v. sulle famiglie e sulle persone in condizioni di povertà e offre un primo importante contributo per analizzare l’impatto generato delle misure di sostegno di sostegno ai redditi messe in campo dalle Istituzioni per contrastare gli effetti economici e sociali della pandemia Covid-19.
Misure che hanno consentito, secondo l’Istituto di statistica nazionale, di ridurre il numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale dal 25,2% al 24,4%, e dal 5.9% al 4,2% di quelle in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, nel corso dei due anni. Contribuendo per questa via al contenimento degli indici di disuguaglianza tra le famiglie più abbienti e quelle in condizioni di reddito precarie, che sono è rimasti pressoché inalterati rispetto al 2019.
Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale interessa tutte le aree territoriali con l’eccezione di quelle del Mezzogiorno, che rimane il territorio che mantiene la percentuale invariata (40,6%) delle persone considerate a rischio, nonostante il significativo miglioramento registrato nelle regioni Campania e Sicilia. Pesa in tal senso la riduzione dei redditi reali dell’1,7% rispetto al 2021 a fronte della crescita esponenziale, oltre il 3%, registrata nella gran parte delle regioni settentrionali, e della relativa invarianza del reddito in quelle del Centro Italia.
Il reddito medio annuo delle famiglie è aumentato di 2,187mila euro (2.248 euro al mese), pari al +1,4% per quello mediano preso in considerazione per stimare la quota delle persone povere. Incrementi equivalenti al 3% del reddito nominale e all’1% di quello reale al netto dell’inflazione. La ripresa del reddito risulta collegata essenzialmente a quella delle attività produttive e dell’occupazione con un particolare impatto positivo del 5,8% per i redditi da lavoro autonomo e del 4,2% per quelli dei lavoratori dipendenti. In parallelo si è ridotta la quota delle famiglie a rischio di povertà e di esclusione sociale (dal 22,5% al 19,9% per gli autonomi, e dal 17,7% al 17,2% per i dipendenti). Un rischio che è rimasto inalterato (34,2%), per i redditi da pensione.
Nel 2022 si riscontra una riduzione del rischio di povertà soprattutto per i nuclei familiari con più di 5 componenti (dal 40,7% al 31,2%) o con 3 o più figli a carico (dal 42,4% al 37,7%) e per i nuclei familiari con stranieri (dal 44,7% al 39,6%). Si tratta delle famiglie che riscontravano un livello di esposizione più rilevante negli anni precedenti la pandemia Covid.
In attesa di avere una lettura più dettagliata di queste tendenze, annunciata dall’Istat per il mese di settembre p.v., l’indagine offre diversi spunti di riflessione.
Gli effetti positivi della crescita dell’economia e dell’occupazione sui redditi delle persone e delle famiglie risultano largamente compensativi rispetto alla riduzione dei sostegni al reddito pubblici per le aree territoriali che stanno svolgendo un ruolo trainante nella ripresa economica. Riducono parzialmente il rischio di impoverimento nei territori svantaggiati e non interrompono l’aumento delle disuguaglianze di reddito nel territorio nazionale. Nel corso della seconda parte del 2022 la ripresa ha registrato il contributo dei comparti dei servizi, in particolare del turismo, che hanno un peso rilevante nel Mezzogiorno. Rimane l’evidenza che il riequilibrio tra i tassi di sviluppo territoriali continua a essere la condizione primaria per riuscire a invertire la rotta.
I due anni presi in considerazione sono inevitabilmente influenzati dalle condizioni eccezionali che hanno motivato una mobilitazione senza precedenti di risorse pubbliche per sostenere l’economia e i redditi delle famiglie. La tendenza è proseguita anche nel corso del 2022 sul versante del contenimento dei costi energetici, dell’impatto dell’inflazione sui redditi delle famiglie e, in modo parziale, anche su quelli da lavoro. Resta il fatto che il tasso di svalutazione dei redditi reali, in particolare di quelli dei lavoratori dipendenti, risulta rilevante e rappresenta un’ipoteca negativa per i nuclei familiari che non hanno possibilità di risparmio.
I margini della spesa pubblica per organizzare risposte di tipo assistenziale si sono ridotti in modo considerevole, ma nel contempo sono stati introdotti due interventi strutturali di potenziamento dei sostegni al reddito, in particolare l’Assegno unico universale, che possono offrire un contributo importante per il sostegno delle famiglie meno abbienti.
Considerazioni che dovranno essere attentamente ponderate per riformare le politiche di sostegno alle attività economiche e per i redditi delle famiglie.
Natale Forlani
Pubblicato su IlSussidiario.net