Il 26 giugno scorso, nel corso di un incontro organizzato dalla Rete Bianca, il caro amico Giuseppe Sangiorgi ha svolto un’ampia e interessante riflessione sulla possibilità di una riproposizione della presenza di un’area di impegno politico di cattolici democratici. Di quelli interessati a lavorare per il bene comune e, dunque, per la valorizzazione e la crescita della persona e della comunità, e delle tante comunità in cui siamo oggi coinvolti, sulla base di un solidarismo sostanziale da tradurre nell’impegno pubblico e legislativo.
I riferimenti di Sangiorgi sono gli stessi di riferimento per Convergenza Cristiana 3.0: Costituzione, Europa e Dottrina Sociale della Chiesa.
Si tratta di tre pietre angolari cui molti di noi hanno guardato negli ultimi 25 anni senza trovare, però, sempre adeguatamente, il terreno su cui basarne le fondamenta.
Anche molti cattolici hanno, infatti, accettato la logica del bipolarismo senza che esso portasse alcuna “ semplificazione” del quadro politico o assicurasse la cosiddetta “ governabilità”, entrambe, tanto auspicate fino a comportare la fine della Prima repubblica.
I politici d’ispirazione cristiana si sono divisi in maniera radicale tra una proposta di Centro destra ed una di Centro Sinistra; entrambi incapaci a far superare un senso di insufficienza e di inadeguatezza.
Oggi, dopo il completo stravolgimento del quadro politico, favorito da un sommovimento sociale profondo, non avvertito adeguatamente dai partiti che hanno segnato la vita italiana negli ultimi due decenni e mezzo, siamo di fronte al “ mare aperto”.
L’irrilevanza politica in cui è piombato anche il nostro mondo spiega e giustifica l’intervento di Sangiorgi all’interno di uno dei tanti gruppi che si stanno autoconvocando per segnare il recupero di un filo antico e nuovo al tempo stesso che, come ricorda Sangiorgi, richiama direttamente a Sturzo e a De Gasperi e a colui che, più di altri, seppe felicemente racchiuderne e sintetizzarne il pensiero e l’azione: Aldo Moro.
Ci troviamo di fronte ad un richiamo e ad un collegamento, insomma, con quella ricchezza di idealità, a quella capacità politica concreta e legislativa, a quella valorizzazione di una società desiderosa di riscoprire, anche nel linguaggio, ciò che unisce più di ciò che divide.
In questo senso, è felice e semplice il richiamo di Sangiorgi alla Carta costituzionale. A quella “ casa comune” di riferimento, non solo per gli aspetti giuridici, e frutto del confronto fecondo tra diverse letture dei fatti della storia e della vita.
Rete Bianca si propone come un altro “ luogo di incontro” dei tanti movimenti in cammino nel mondo cattolico dopo il 4 marzo. Convergenza cristiana non può che plaudire ad una iniziativa di tal genere, ritrovando in essa tante delle motivazioni che hanno portato alla propria nascita sulla base di uno spirito di servizio e senza alcuna pretesa di autoreferenzialità.
Ben venga questa ricchezza di intenti, ben vengano voci di costruttori, capaci di intervenire nel dibattito politico con parole forti, ispirate alla “ convergenza” ed all’intendimento di edificare un nuovo ed originale progetto. Il nostro Paese, anche in vista di prossime scelte importanti, ha la necessità di ritrovare la forza di una ricomposizione, più che di abbandonarsi ad inutili ed ulteriori lacerazioni.
Dobbiamo, in ogni caso, fare tesoro del fatto che il coinvolgimento in precedenti esperienze ci ha solo portato all’afonia e all’irrilevanza.
E’ importante, dunque, che le iniziative destinate a dare nuova dignità e spessore ad una antica e nuova presenza rifuggano dalla sola logica dell’inserimento negli schieramenti del passato e, soprattutto, accettino la sfida della chiarezza: uno dei primi doveri di responsabilità di chi si affida ai valori cristiani.
Segue l’intervento di Giuseppe Sangiorgi
” Ricominciare una storia è come costruire un edificio: occorre partire dalla pietra angolare. Se noi immaginiamo di dare vita a un movimento di iniziativa politica di tipo federativo, chiamato Rete Bianca, la pietra angolare di questa costruzione deve poggiare su tre riferimenti: la Costituzione, l’Europa, la Dottrina Sociale della Chiesa.
La Costituzione come applicazione e aggiornamento, contro il populismo al quale siamo alternativi; l’Europa con l’obiettivo pacifico degli Stati Uniti d’Europa contro i sovranismi ai quali pure siamo alternativi; la Dottrina Sociale come attuazione nel campo civile dei principi del magistero attraverso chiare e riconoscibili proposte programmatiche per il governo del Paese.
La Rete Bianca con la sua struttura federativa è aperta alla partecipazione di quanti, soggetti singoli o associati, nel campo cattolico ma non solo in quello, penso all’area dell’etica della responsabilità, sono oggi alla ricerca di un baricentro nuovo della politica italiana perché non si sentono rappresentati dalle posizioni esistenti. La disaffezione elettorale è il riscontro più evidente di questo disagio.
La Rete Bianca dunque non è un movimento in più rispetto ai soggetti esistenti: vuole essere il luogo del loro incontro perché, invece della attuale frammentazione, essi costituiscano nel loro insieme una massa critica. La polvere non pesa sulla bilancia della politica.
L’intreccio dei tre riferimenti della Costituzione, dell’Europa e della Dottrina Sociale, con l’ispirazione cristiana essa che dispiega, genera una serie di opzioni politiche che formano il denominatore comune di partenza sul quale essere d’accordo: un’idea della società italiana di tipo inclusivo, un’idea delle nostre istituzioni partecipate, un’idea dello sviluppo del Paese solidale.
Giuseppe Sangiorgi
Questo è il percorso da compiere per dare vita nelle condizioni attuali a un terzo tempo, organizzato, del cattolicesimo politico italiano dopo le stagioni del Partito popolare di Luigi Sturzo e della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi.
Esiste il problema del rapporto con la gerarchia ecclesiale, dei controversi e ondivaghi orientamenti che la gerarchia ha avuto negli ultimi anni su questo problema. Certamente dobbiamo ricercare una interlocuzione costruttiva, consapevoli della concezione di laicità formulata da Aldo Moro: “l’autonomia è la nostra assunzione di responsabilità. E’ il correre da soli il nostro rischio. E’ il nostro modo personale di rendere un servizio e di dare se possibile una testimonianza ai valori cristiani nella vita sociale”.
E’ il dato interiore di una politica di ispirazione cristiana che già De Gasperi ci consegnava negli Quaranta: “il cristianesimo è qualcosa di essenziale e di integrale, si sente o non si sente, se non si sente nella coscienza anche i termini politici di libertà e di democrazia assumono un diverso significato”.
Le due precedenti esperienze legate a Sturzo e De Gasperi hanno prodotto entrambe significative conseguenze storiche all’interno del mondo cattolico italiano, e insieme nella vita civile del nostro Paese.
Il popolarismo di Sturzo ha segnato il passaggio dalle generazioni cattoliche del Non Expedit a quelle della Rerum Novarum. Ma l’Appello ai Liberi e Forti e il programma del Partito popolare del gennaio 1919 hanno anche rivoluzionato l’impianto ottocentesco, centralista e autoritario dello Stato italiano, ponendo il problema di istituzioni che fossero invece la proiezione delle libertà individuali, sociali e territoriali da garantire. Questa è stata la novità del Partito popolare.
La Democrazia Cristiana di De Gasperi ha saldato tra loro le generazioni del popolarismo sturziano con quelle del Codice di Camaldoli. Ma, attraverso le Idee ricostruttive del luglio 1943 e più ancora La parola dei democraticocristiani sul Popolo clandestino del dicembre 1943, l’impronta di De Gasperi sulla vita pubblica italiana è stata anche l’affermazione del metodo democratico come la condizione della dialettica politica in un Paese che con il fascismo aveva perduto il valore delle libertà democratiche. Questa è stata la novità della Democrazia Cristiana.
La Rete Bianca ha davanti a sé un analogo problema su entrambi questi versanti, generazionale e politico: come collegare il vissuto dei cattolici di ieri alle esperienze dei cattolici di oggi, e su quali proposte misurarci per migliorare la vita dei cittadini. Ambizione e dovere di esserci si saldano nuovamente su questi due aspetti.
C’è una diversità con le stagioni passate, una diversità che dobbiamo cogliere come una opportunità. Noi non siamo presenti oggi come soggetto specifico nelle sedi della democrazia rappresentativa. Il nostro campo d’azione è necessariamente quello della democrazia partecipativa. E’ qui, dal basso, dai territori, dai problemi concreti che deve riprendere il cammino, animando e impiegando tutte le forme partecipative possibili, a iniziare da quelle previste dalla Costituzione – le petizioni, i referendum, le proposte di legge popolare, le forme sussidiarie – con moduli organizzativi connessi alle nuove tecnologie.
Tutto ciò delinea il nuovo spazio entro il quale muoverci per ritrovare visibilità, capacità d’attrazione e partecipare al dibattito politico con le nostre proposte sul governo del Paese. A tal fine dobbiamo costituire al nostro interno una redazione politica per la elaborazione di “schede della democrazia” sui diversi problemi dell’attualità politica, schede delle quali esiste già un format che le renda omogenee nella loro struttura narrativa: il titolo dell’argomento, la nozione, l’inquadramento storico, la cornice normativa, gli orientamenti culturali e della Dottrina Sociale, la nostra proposta, una bibliografia finale.
Emblematicamente, la prima di tali schede e di iniziative politiche va dedicata al tema dell’adeguamento della Costituzione, da tutti lasciato cadere dopo il fallimentare referendum del dicembre 2016. Al contrario, facendo nostra la proposta avanzata negli anni Novanta da Leopoldo Elia relativa alla modifica dell’articolo 70 cost., noi sosteniamo l’introduzione di un “bicameralismo procedurale” dei lavori delle due Camere che generi non solo lo sveltimento dei lavori parlamentari, ma anche un vero e proprio bicameralismo differenziato che indirizzi in particolare il Senato sugli ambiti indicati dall’articolo cinque cost.
Alla modifica dell’articolo 70 chiediamo di aggiungere quella degli articoli 56 e 57 per ridurre il numero dei parlamentari, e la modica degli articoli 71 e 75 per ampliare e ulteriormente definire gli spazi della democrazia partecipativa del Paese.
Va realizzata la piattaforma internet della Rete Bianca come luogo di incontro e di confronto. E’ da qui, contro i pericoli di controllo dall’alto di questo genere di strumenti, che va rimessa al centro di una nuova trasparenza dei partiti e della loro vita interna l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.
Una parola di questi anni più di altre può compendiare quei riferimenti della Costituzione, dell’Europa e della DSC che nel loro insieme ci sollecitano a definire l’idea oggi che i cattolici hanno della società, delle istituzioni e dello sviluppo. E’ la parola immigrazione.
Il destino degli immigrati si gioca sul tavolo della politica italiana ed europea, ma anche il destino della politica italiana e dell’Unione europea si sta giocando sul tavolo delle migrazioni. Un destino di civiltà o di inciviltà. Da come sapremo impegnarci su questo fronte noi misureremo la nostra capacità di rappresentare qualcosa di nuovo oppure no. Sturzo diceva che le vittorie non sono nostre ma dell’idea, le sconfitte sono nostre non dell’idea.
Assumiamo la parola immigrazione come il riferimento non di un problema settoriale, ma come il dato della politica generale del Paese per l’insieme degli aspetti sociali, economici e di diritti di cittadinanza che il fenomeno dell’immigrazione attraversa orizzontalmente richiedendo, oltre l’affanno dell’emergenza, il respiro regolare di una presenza continua e sistematica di governo sul piano interno, quello europeo, e quello dei Paesi di origine e di transito delle migrazioni.
Chiediamo che il governo italiano si qualifichi come governo del lavoro: riassuma in questa parola, il lavoro, l’intero suo programma di attività e di iniziative da confrontare quotidianamente con i cittadini. Ricordiamo l’attesa della povera gente di Giorgio La Pira. Noi ci impegniamo a ricostruire intorno al lavoro quel patto sociale tra cittadini e istituzioni, questo è il vero contratto, senza il quale non c’è la leva di una crescita reale e armoniosa della società italiana”.