Con la sua cittadina ancora una volta travolta da acqua e fango, la sindaca di Budrio, Debora Badiali, ha parlato anche di sfortuna perché mancava poco alla conclusione dei lavori per rafforzare in modo sicuro l’argine del fiume che si è ripresentato nelle strade, nelle case, nelle aziende e nei negozi.

C’è anche questa componente nella vita. Ma, intanto, large parti dell’Emilia Romagna stanno rivivendo il dramma che già le aveva messe in ginocchio un anno e due anni fa. Siamo tornati a vedere stivali, a rimuove acqua e fango e volontari all’opera con quella gente operosa che, oltre l’acqua, dal cielo non si attendono molto che non possa essere fatto da loro stessi. Almeno nel primo, immediato intervento.

Sfortuna a parte, se Giorgia Meloni, Bonaccini e la Ursula von der Leyen si dovessero presentare nuovamente a fare passerella, non è da escludere che questa volta li accoglierebbero con i forconi … ad altezza natiche.

Certo, loro tre hanno responsabilità diverse. Non commensurabili con quelle di un’intera classe politica ed amministrativa che da decenni e decenni fa di tutto meno che preoccuparsi di quella cosa fondamentale costituita dalla salvaguardia del territorio e delle sue caratteristiche

Se forse un po’ tutti provassero ad andare al fondo delle cause di fenomeni tanto ricorrenti scoprirebbero che, nella maggioranza dei casi, la colpa non è della “sfortuna” o della pioggia. Bensì dall’aver “tombato” e cementificato fiumi e torrenti, dall’aver lasciato costruire abitazioni ed infrastrutture dove la natura aveva, invece, pensato ad altro.

Ma questo è un lungo discorso che si perde nella notte dei tempi. E nonostante le tante lezioni ricevute nel corso dei secoli. Nonostante, nel passato, anche lontano, non sia mancata l’attenzione di tecnici competenti e, persino, di politici illuminati. Se si pensa che nei primi anni del secolo scorso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla povertà del Mezzogiorno dedicò il primo capitolo della sua Relazione conclusiva all’assetto idrogeologico, si capisce subito quale cultura dell’ambiente e del territorio ci siamo persi per strada. Senza capire che prevenire, non solo è meglio dell’intervenire a danno fatto, ma che, probabilmente, fa risparmiare e,  con la cura continua e con la manutenzione, si creano più posti di lavoro di quanto non venga dall’azione forzata dell’emergenza.

In queste ore, siamo di fronte alla solita commedia dei nostri governanti, nazionali e regionali. Ognuno accusa l’altro di “sciacallaggio” e recrimina sui soldi dati o non dati. Insomma, hanno paura dei … forconi.

Abbiamo già scritto della sordina messa ai disastri ambientali di questa estate perché non è il caso di parlare della politica “green” che vuol dire tutto e niente e che noi cittadini dovremmo pretendere di veder scomposta dai nostri governanti nell’infinità di cose che essa significa. Perché il problema non è solo quello di dire sì o no all’auto elettrica. Eppure, solo di questo sembra parlare Giorgia Meloni che appare davvero ossessionata di quel poco di politica ambientale enunciata dall’Europa.

La verità è che si agitano questi temi astratti per nascondere i soliti problemi di casa nostra: mancanza di una visione programmatoria.

Quei lavori a Budrio e in altre parti, ben note per ritrovarsi in un contesto ambientale critico e persino pericoloso, dovevano essere fatti e terminati decine e decine di anni fa.

Meloni, centro, sinistra, e spiace molto doverlo dire, ma va detto, a costo di sentirsi dare del qualunquista, che sono tutti responsabili perché partecipi di una politica che pensa sempre drammaticamente ad altro, invece che a quello che conta e che, persino, serve alla salvaguardia della vita della gente, delle loro attività e delle loro relazioni sociali.

Per non parlare poi di quando tutta questa incuria è frutto della rincorsa al voto per cui andiamo avanti a colpi di bonus e mancette, oltre che a favorire altri interessi cui l’assetto del territorio finisce per riguardare davvero poco…

Alessandro Di Severo

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