La Riforma della Giustizia, avviata con il D.Lgs 150/2022,sta compiendo in questa Legislatura passi da gigante per adeguarla agli standard europei, come  previsto dal PNRR,

Invero, non si può negare che alcune delle riforme, avviate dall’attuale Ministro della Giustizia, non abbiamo apportate significative innovazioni all’Ordinamento Giudiziario.

Si pensi al divieto di pubblicare il contenuto delle Ordinanze Cautelari, al nuovo procedimento per la emissione delle Ordinanze stesse, alle norme contro le Baby Gang, ai provvedimenti adottati per la deflazione del sistema carcerario che, tuttavia, hanno suscitato molte critiche non solo da parte politica avversa ma anche dagli stessi Operatori Penitenziari studiosi, che li hanno ritenuto insoddisfacenti  per varie ragioni tra cui la grave carenza di personale penitenziario.

Inoltre, l’attenzione rivolta ai problemi ambientali contingenti ha complicato una situazione divenuta difficile da gestire per chiunque sia alla guida della Pubblica Amministrazione alle prese della imprevedibilità degli stessi e della insufficiente cura del Territorio per una prevenzione del danno derivante dai disastri climatici…

Sono, anche, in cantiere alcuni provvedimenti in tema di Sicurezza Pubblica del Paese, afflitto, in alcune aree, maggiormente interessate da gravi problemi derivanti da una criminalità, mai conosciuta in precedenza, che influenza l’Opinione pubblica, per i suoi influssi sul vivere comune, funestato da gravi episodi che vanno  dai reati in danno degli Anziani, ai femminicidi, alla violenza sessuale, ecc, spesso attribuiti ai singoli o Gruppi stranieri che operano indisturbati e di cui si è arrivati a chiedere il rimpatrio immediato, ove detenuti, anche alla luce dell’aggravio di costi per i contribuenti per il loro mantenimento da “ospiti” delle patrie galere.

Si tratta di un “sentire”, divenuto ormai comune per tutti i cittadini, che preoccupa anche il Legislatore, impegnato ad emanare una legislazione di emergenza che non partorisce, invero, ancora buoni risultati a giudicare dalle statistiche dei reati commessi lo scorso Anno.

Inutile aggiungere che l’attenzione de Governanti trascura di risolvere il problema delle Vittime della Strada, in costante aumento, anche avviando un programma di prevenzione in ambito scolastico, che mietono vittime numerose tra i più giovani, come si legge nelle cronache quotidiane, corredate da foto significative degli incidenti, con morti e feriti, per danni cagionati, molto spesso a causa della irresponsabilità di mettersi alla guida in stato di ebrezza o sotto l’influsso degli stupefacenti.

E’ evidente che, attraverso una effettiva prevenzione, si potrebbe cercare di diminuire il numero delle Vittime, come più volte evidenziato dall’Ass.ne Italiana Familiari delle Vittime della Strada- AIFVS e del suo Presidente, Pina Cassaniti, che si è fatta promotrice di varie iniziative a salvaguardia della Vita, nell’assenza di iniziative più efficaci da parte delle Amministrazioni interessate.

In questo nefasto contesto, anche gli incidenti sul lavoro contribuiscono ad accrescere le preoccupazioni nella Società Civile, quando si emerge dagli accertamenti, che non sono state svolti i controlli necessari da parte dell’Ente preposti “per carenza di personale ispettivo”.

In definitiva, le Vittime sono divenute, in questo contesto, i veri soggetti lesi da provvedimenti mancati, a tutti i livelli dell’Amministrazione Pubblica, senza che quello che accade sotto gli occhi di tutti, smuova le coscienze e avvii tutte le iniziative di Assistenza, Tutela, Prevenzione, Riabilitazione e Reinserimento sociale delle Vittime a vario titolo, come previsto dalla Direttiva Europea 2012/29/UE, ancora largamente inapplicata, specie nella parte che prevede l’apertura di appositi Sportelli sul Territorio. dotati di personale qualificato, che possano coadiuvare gli sforzi, con attività di supporto, dello Stato..

Va sottolineato che la Direttiva ha imposto a tutti i Paesi UE, l’obbligo di adeguare l’Ordinamento legislativo statale alle prescrizioni dettate per la tutela delle Vittime di reato in generale, specie nei casi di incapienza dell’autore del danno cagionato.. Negli anni successivi alla emanazione della importante documento, si è ritenuto, a ragione, che occorresse modificare l’art 111 della Costituzione vigente, collocando la modifica della norma nell’ambito della più generale disciplina del c.d.“ Giusto Processo”, inizialmente dettata per ogni imputato, che ha stabilito, pure, la c.d. Terzietà del Giudice nell’assumere ogni decisione che incida sulla libertà personale del reo, collegata con la risarcibilità del danno cagionato..

Purtroppo, tanto non è avvenuto perché la Riforma Costituzionale del 1999, accolta con favore dalle Camere Penali, non ha ancora trovato piena attuazione a causa della controversa separazione delle carriere tra i Magistrati  ed i Pubblici Ministeri.

Tuttavia, anche questa diatriba ha finito con far “dimenticare” le disposizioni della Direttiva in favore delle Vittime di Reato, benché, in passato affidata ad alcune proposte della norma dell’art 111 Cost. che sebbene avanzate sono rimaste nel cassetto da ttroppo tempo.

Nell’ultimo periodo l’iniziativa è stata ripresa nell’ambito di una più estesa Riforma che riguarda alcuni punti della Costituzione ma è ancora all’esame del Parlamento per l’auspicabile approvazione.

Sul punto, la mancata attuazione di una vera e propria Riforma della norma citata è stata giustificata dalla introduzione, nella Riforma della Giustizia Penale, di una tutela più generale della Vittima nel processo penale ma che non riguarda i casi delle Vittime al di fuori dello stesso che sono numerose e tutte meritevoli di una tutela prescindendo da un procedimento penale in corso.

Tuttavia, va sottolineato che nella quasi totalità dei giudizi penali, l’imputato è impossidente e la Vittime rimane senza alcun ristoro dei danni subiti.

In conseguenza occorre intervenire con un meccanismo non “restitutorio” ma “indennitario” dei danni che potesse soddisfare, in tutto o in parte, le legittime pretese della Vittima o dei suoi familiari, se deceduta.

Le attuali tabelle per la quantificazione dell’indennità,la cui ultima risale al 2019, riguardano solo alcuni casi gravi come l’omicidio, e mostrano l’inadeguatezza dei benefici economici previsti,come sottolineato più volte dagli studiosi della materia.

Ma vi è di più. Il meccanismo indennitario in vigore risulta del tutto parziale e comunque non rivolto a tutte le categorie di Vittime a cui possa essere corrisposto un serio indennizzo .

Occorreva ed occorre,quindi, mettere mano ad una Riforma Costituzionale che introducesse una tutela generalizzata ed una Legge attuativa con un meccanismo che offra,in tempi ristretti e con procedure semplificate,una soluzione del problema.

Il tutto va ricondotto nell’ambito di una più generale “responsabilità oggettiva dello Stato nei confronti delle Vittime per la violazione del diritto dell’Unione Europea” ed, in questo caso, della Direttiva emanata dalla UE nel  2012 in favore delle Vittime, innanzi citata.

Tale principio innovativo in materia secondo la Dottrina prevalente,(v Mastroianni, La responsabilità patrimoniale dello Stato italiano per violazione del diritto dell’unione: il caso della direttiva sull’indennizzo delle vittime dei reati)in ragione della sua portata “obiettivamente rivoluzionaria” rispetto alle tradizioni proprie di Ordinamenti, come il nostro, nei quali è consolidato il principio opposto della “irresponsabilità dello Stato” per i danni provocati dalla sua(mancata) attività legislativa ed in cui è tutt’altro che semplice far valere quella conseguente all’esercizio non corretto delle funzioni giurisdizionali, produce un notevole impatto, capace di coinvolgere, e potenzialmente di travolgere, anche consolidati principi del diritto interno.

Appare difficile, al di là dei tecnicismi, giustificare il motivo per cui allo Stato sia imposto di risarcire i danni prodotti dalla sua attività legislativa qualora questa si svolga in contrasto con un qualsiasi vincolo imposto dal diritto della UE, mentre nessuna conseguenza si produce qualora il Legislatore arrivi a violare in maniera grave e manifesta, a danno dei singoli e previo accertamento del Giudice delle Leggi, le regole della Carta Costituzionale, anche qualora siano coinvolti principi fondamentali del nostro Ordinamento.

Ed è questa la ragione di introdurre nella Costituzione vigente una Riforma che apra nuove prospettive per le Vittime.

L’importantza di questo principio trova nel suo valore “deterrente” nell’obbligo, di garantire la corretta applicazione del diritto della UE da parte degli Stati membri, e, dunque, l’applicazione uniforme delle sue regole nei vari Paesi aderenti, a beneficio del corretto funzionamento del processo di integrazione.

il punto di partenza per stabilire obblighi e responsabilità dello Stato nella direzione affermata si ritrova in una pronuncia della Corte di Giustizia Europea . Infatti, con la sentenza del 22/11/2007, la Corte ha accertato l’inadempimento della Repubblica italiana nei confronti dell’obbligo di dare attuazione alla Direttiva n. 2004/80/CE del 29/4/2004, relativa “all’indennizzo delle vittime di reati”.

In verità, pochi giorni prima il Governo italiano aveva adottato il D. Lgs. n. 204, rubricato “Attuazione della direttiva2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reato”.

Peraltro, chiamata a censurare la mancata applicazione della Direttiva citata, la Corte era stata posta di fronte a due distinte obiezioni dello Stato italiano poiché da una parte, «determinate leggi già vigenti nell’ordinamento giuridico italiano prevedono l’indennizzo delle vittime di atti di terrorismo e della criminalità organizzata nonché delle vittime di richieste estorsive e di usura» mentre dall’altro, «l’iter legislativo diretto ad assicurare il recepimento integrale della direttiva nel suo ordinamento giuridico è in via di conclusione».

La Corte ha, tuttavia, ritenuto insufficienti questi argomenti, rilevando che “tutti i provvedimenti necessari per procedere all’attuazione della Direttiva non erano stati adottati» nell’Ordinamento giuridico nazionale

Inoltre, a riprova dell’impegno della UE in favore delle Vittime, vanno citati altri provvedimenti assunti con la Risoluzione del Comitato dei Ministri n. 77 del 28/9/1977, sulla compensazione delle vittime dei reati, la Raccomandazione del Comitato dei Ministri n. 11 del 28/6/2985, sulla posizione della vittima nel quadro del diritto e della procedura penale; la Raccomandazione del Comitato dei Ministri n. 21 del 17/11/1987 sulla assistenza alle vittime e la prevenzione della vittimizzazione; la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1996.

Nondimeno, l’impegno più rilevante del Consiglio d’Europa, in tale settore si rinviene nell’adozione della Convenzione relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti (European Convention on the compensation of victims of violent crimes), del  24 novembre 1983, con la quale si è voluto dare un seguito, con un testo giuridicamente vincolante, alla citata Risoluzione del 1977.

La Convenzione ha introdotto l’obbligo di l’armonizzazione delle regole nazionali, al principio di “sussidiarietà” enunciato dall’art. 2, par. 1 della stessa, che richiede agli Stati di prevedere nelle loro legislazioni interne che, qualora la vittima di un reato violento non abbia trovato in altro modo ristoro rispetto al danno subìto (ad esempio, perché l’autore del reato non è stato rintracciato o lo stesso non è in grado di farsene carico), lo Stato in cui l’evento dannoso si è verificato “deve contribuire a risarcire” la vittima nonché, in caso di suo decesso in seguito al reato, le persone che erano a suo carico. A sua volta, il par. 2 estende il suddetto obbligo dello Stato anche all’ipotesi in cui l’autore del reato non possa essere perseguito o punito.

Spetta allo Stato parte della Convenzione decidere quale meccanismo di compensazione porre in essere, ma nella prassi, la soluzione di solito prescelta dagli Stati è quella della creazione di un Fondo di garanzia adeguato.

Ragioni di solidarietà sociale vengono in rilievo anche sotto la previsione di un possibile indennizzo anticipato, da parte dello Stato, a favore di quei soggetti che non possano attendere i tempi,lunghi della conclusione del processo, con conse guente surrogazione dello Stato nei diritti della vittima indennizzata verso il responsabile(art. 10 Conv.).

In ordine al quantum dell’indennizzo,la Convenzione stabilisce, all’art. 4, che esso deve avere ad oggetto, quantomeno, la perdita di entrate, le spese mediche ed ospedaliere sostenute ed, infine, nel caso di persone a carico, la perdita degli alimenti,ferma restando la facoltà per gli Stati di fissare elle soglie minime o massime per l’insieme o per ogni elemento dell’indennizzo (art. 5 Conv).

Ciò posto, vale la pena di ricordare che la risposta fornita dall’ordinamento italiano negli anni successivi, purtroppo, è stata poco attenta ai diritti delle vittime rispetto alle indicazioni contenute nei testi europei ed  è, a dir poco, deludente, in quanto in concreto nessuno di questi atti ha sinora prodotto effetti concreti in Italia, con la conseguenza che nel nostro Ordinamento non ha mai trovato piena applicazione il principio di base contenuto all’art. 2, par. 1, per cui “qualora nessuna riparazione possa essere interamente garantita da altre fonti, lo Stato deve contribuire a risarcire sia coloro che hanno subito gravi pregiudizi al corpo o alla salute causati direttamente da un reato violento intenzionale, sia coloro che erano a carico della persona deceduta in seguito a un tale atto”.

Aggiungasi che la Direttiva 2004/80/CE, come pure quella del 2012/29/UE hanno introdotto un “obbligo” di adeguarsi come pure di modificare la normativa nazionale nel senso voluto dai testi dell’Unione.

In conseguenza, anche secondo una a recente sentenza  della Corte di Cassazione, «il diritto degli interessati al risarcimento dei danni (…) va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno».

Si tratterebbe, in ultima analisi, di rinvenire nell’Ordinamento un’altra obbligazione ex lege (proveniente, perché no, da una lettura moderna e comunitariamente orientata del combinato disposto degli artt. 2, 3, 24 e 32 Cost.) sulla quale fondare un obbligo per lo Stato di indennizzare anche nei casi “meramente interni” le vittime di reati intenzionali violenti.

In ogni caso, sebbene le regole europee cercano di introdurre principi di civiltà giuridica in questa materia, il comportamento del Legislatore italiano continua a segnalarsi per la sua persistente ed odiosa indifferenza verso una efficace tutela delle vittime dei reati.

Ne costituisce riprova quanto accaduto in Senato dopo l’approvazione del Testo unificato delle proposte di modifica dell’art 111, poiché, come riferisce la Stampa quotidiana, più attenta alla Riforma, la maggioranza appare divisa sul disegno di legge costituzionale che mira ad inserire, nell’articolo che riguarda il “giusto processo” una modifica per cui “All’articolo 111 della Costituzione, dopo il quinto comma, è inserito il seguente: “La Repubblica tutela le vittime di reato e le persone danneggiate dal reato”.

In conseguenza, stante le diverse opinioni sul provvedimento, mai riscontrate in occasione della precedente approvazione, è stato ritenuto utile rinviare il Testo in commissione per un nuova audizione di costituzionalisti, avvocati, magistrati ed Associazioni delle Vittime, prima di prendere decisioni che “potrebbero avere gravi conseguenze(??)”anche se le stesse non vengono chiarite e nonostante l’urgenza di provvedere alla Riforma in cantiere.

Mario Pavone

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